Corti, un Ulisse al premio Nobel?

Venerdì Eugenio Corti si recherà ancora nella stanza al primo piano del palazzo di famiglia a Besana in Brianza (Monza), dove vide la luce il 21 gennaio 1921: «Fu alle nove del mattino, mi ha riferito mio padre». È la stanza che è diventata il suo studio, e dove tuttora lavora: attualmente a una nuova edizione del volume di saggi Il fumo nel tempio. Lo scrittore, noto soprattutto per il romanzo Il cavallo rosso, pubblicato da Ares, (che ha avuto 27 edizioni vendendo oltre 300mila copie), ma che è stato spesso trascurato dalla critica, ci tiene a sottolineare il valore artistico delle sue opere: «Ho cercato sempre di rendere l’universale nel particolare, secondo quanto predicano Aristotele e San Tommaso». Della sua fede non vanta alcun merito («mi è stata trasmessa dai miei genitori»), ma resta fermo nel proposito di contribuire con la bellezza all’affermazione del Regno: «Vedere l’assoluto nel relativo, la realtà specchio di Dio: se è rispettata questa impostazione nel rendere la realtà viene fuori l’opera d’arte».

Un testimone di Bellezza e Verità

L’Associazione culturale Libertà e Persona promuove per martedì 10 maggio, alle ore 20.30 presso l’Istituto Salesiani di Trento (ingresso con parcheggio da via Brigata Acqui), una conferenza dal titolo: “Eugenio Corti – Un testimone di Bellezza e Verità”, che vedrà come relatrice la scrittrice e giornalista Paola Scaglione.

Undici tappe per conoscere la Brianza del Cavallo rosso

La scelta delle tappe che compongono il percorso dedicato allo scrittore Eugenio Corti e al suo romanzo Il cavallo rosso è stata compiuta per valorizzare al massimo il legame con il territorio. Sono stati identificati quattro tematismi caratteristici – secoli di tradizione cristiana, antiche ville e dimore, il paesaggio, antichi mestieri – riscontrabili sia nel romanzo che nelle identità brianzola. I temi sono stati poi posti in relazione ai luoghi espressamente citati nel romanzo come location di episodi o strettamente legati alla vita dell’autore. Il percorso che ne è risultato conserva dunque sia un elemento di forte specificità e caratterizzazione rispetto all’autore, che una funzione più ampia di metafora narrativa per l’accesso al territorio.

Torna in scena “Processo e morte di Stalin”

Uscì per la prima volta nel 1961, ma non ebbe fortuna. Anzi. In un clima culturale ormai ammaliato dalle sirene del marxismo leninismo, l’opera venne subito mutilata e messa a tacere. Nonostante l’appoggio entusiasta di Mario Apollonio, uno dei maggiori critici teatrali di allora, «Processo e morte di Stalin», la tragedia scritta da Eugenio Corti, riuscì ad ottenere solo una misera lettura pubblica da parte della compagnia del regista Diego Fabbri, per altro ingiustificatamente tagliata e ridotta. Da allora più nessuno ne parlò. E del testo se ne perse quasi notizia. Ora, a pochi mesi di distanza dalla ripubblicazione ad opera della casa editrice Ares, di Cesare Cavalleri, la tragedia verrà rappresentata in prima assoluta a Monza, al teatro Manzoni, il giorno del patrono, San Giovanni, 24 giugno (repliche il 25 e 26).

La geografia de Il cavallo rosso

Come tutti i grandi romanzi storici, Il cavallo rosso di Eugenio Corti ci porta in luoghi che poi resteranno impressi per sempre nella nostra memoria. Storia, geografia e vicende personali dei protagonisti s’intrecciano e anche noi percorriamo con Michele, Manno, Ambrogio e Pierello migliaia di chilometri, schiacciati con loro in una tradotta militare; o trascinando i piedi congelati nella neve.