Eugenio e Vanda Corti

Una lettera da Eugenio Corti

In queste righe c’è tutto Eugenio Corti, il suo metodo di lavoro. Scriveva sempre e solo di eventi reali, scrupolosamente documentati, trasfigurandoli in realismo letterario. E sempre con la capacità di cogliere la trascendenza nella quotidianità, di leggere nel corteggiamento di due meravigliose farfalle la presenza di Dio, l’amore di Dio.

Il cavallo rosso

La prefazione di François Livi a Le cheval rouge

Ci si può interrogare sulle ragioni di questo sorprendente successo in libreria di un romanzo che non fa alcuna concessione e che a saputo creare tra autore e lettori una corrente di simpatia formidabile. Il numero eccezionale di lettere ricevute da Eugenio Corti lo dimostra. Questo dipende soprattutto dal carattere di testimonianza che riveste questo romanzo: non solamente i personaggi storici che lo attraversano, ma tutti gli avvenimenti storici narrati – dalla campagna di Russia alle manifestazioni della barbarie nazista, dalla scoperta dei gulag comunisti agli episodi della resistenza nel Nord Italia, alla vita politica degli anni cinquanta e sessanta – sono assolutamente e rigorosamente veri. Questa forza della verità è il cemento che sostiene Il cavallo rosso. Ma Eugenio Corti ha scritto anche un grandissimo romanzo. Il suo soffio epico, la varietà dei registri stilistici, la verità e la potenza delle passioni conquistano il lettore fin dalle prime pagine. Senza dubbio destinato a resistere alla prova del tempo, Il cavallo rosso fa pensare a Manzoni, così come ai grandi romanzieri russi, in particolare a Tolstoj.

Il cavallo rosso

Un episodio del cavallo rosso commentato da Andrea Sciffo

Il romanzo maggiore di Eugenio Corti possiede le due caratteristiche di una vera opera d’arte: primo, è il testo stesso nella sua bellezza che si pone a giudicare il lettore, dato che lo attira o lo allontana dai propri tesori (io, rileggendolo per quest’occasione, l’ho trovato travolgente). Secondo, pur essendo Il cavallo rosso una narrazione realistica di guerra e di storia militare, in esso prevalgono alcune scene di uomini che muoiono non perché vengano uccisi (cosa ovvia), ma perché “incontrano la propria morte”: fatto più unico che raro per noi che siamo costretti a vivere un’epoca in cui letteratura e cinema riproducono morbosamente l’omicidio e l’assassinio.

Tutta un’altra cosa con Corti, che è scrittore paragonabile a un Aleksandr Solženicyn o a un Vassilij Grossman; infatti, è impossibile non fremere di commozione e di dolore leggendo la sequenza che conduce alla morte del bersagliere Stefano Giovenzana sul fronte russo

Eugenio Corti e i genitori

“Vi bacio. Inviatemi guanti e cioccolato”

Leggendo lo straordinario documento storico e umano rappresentato dalle lettere scritte da Eugenio Corti dalla Russia, quel che più stupisce è il tono assolutamente lieve, tremendamente tranquillo, diremmo quasi incosciente, con cui il futuro scrittore descrive il viaggio, gli incontri, la vita al campo militare. Prima di restare imprigionato nella famigerata sacca sul fronte russo, infatti, tenendo fede alla sua promessa di dare sempre e notizie a casa, scriverà una lettera al giorno, per informare, rassicurare, soprattutto, per non recidere quel filo che lo lega a una famiglia numerosa, amatissima. Ma l’effetto, per noi quasi straniante, è quello di sentire la voce di un buon ragazzo, figlio della sua “amatissima mamma”, del suo “carissimo papà”, cui racconta la sua vita di tutti i giorni senza avere all’inizio la piena consapevolezza del pericolo verso cui sta avviandosi, o meglio, del pericolo verso il quale la Storia lo sta portando.