Uno scrittore da Nobel
Parla Cesare Cavalieri, il coraggioso editore del Cavallo Rosso: «Mai avremmo pensato di raggiungere la cifra stratosferica di 27 edizioni». «Corti sarà uno dei pochi autori del ‘900 a entrare nella storia».
Parla Cesare Cavalieri, il coraggioso editore del Cavallo Rosso: «Mai avremmo pensato di raggiungere la cifra stratosferica di 27 edizioni». «Corti sarà uno dei pochi autori del ‘900 a entrare nella storia».
Questa è lʼepica della trilogia, che ricorda – per temi e protagonisti – molto di più Il Signore degli Anelli di Tolkien piuttosto che i romanzi russi, come Guerra e pace – ai quali Corti è stato spesso accostato. In realtà le vicende dei protagonisti, eroi umili, ma autentici, da Ambrogio Riva a Manno, a Michele Tintori, sono la testimonianza di come ciascun uomo è fatto per cose grandi, anche chi vive nella condizione più meschina. Siamo una scintilla destinata a dare luce, e a salire verso lʼalto. Così vediamo nel corso della storia di Corti i protagonisti principali, specie Ambrogio e Michele (due nomi a forte valenza simbolica, come in ogni epica che si rispetti) crescere, cambiare, percorrere un cammino di vera e propria ascesi, non spiritualista, ma nelle circostanze concretissime in cui sono chiamati a vivere.
È bene ripeterlo, Corti, realista, è conscio che mai c’è stato idillio nel mondo, e come non ce n’era nella sua Brianza prima del risorgimento, del socialismo, del fascismo e del conflitto mondiale, ma in ogni caso più grazia, così fu nel Medioevo, seppur con tutti gli eterni drammi umani, mentre è stato il XX secolo dar vita alla morte su una scala d’orrore del tutto sconosciuto in quei secoli a torto considerati oscuri…
La sua sintesi della storia umana, influenzata dal ruolo della rivelazione cristiana, è assai limpida e ha un tragico senso circolare, dalle epoche preistoriche in cui l’uomo lottava per la vita, contro gli animali e gli elementi e infine contro i suoi simili, prendendo gradualmente coscienza del dramma del suo esistere, “il dolore, la malattia e la morte”, alla moderna “generazione degli uomini ridotti allo stato primordiale”.
Eugenio Corti è stato il genio di un popolo. Un genio anche nel senso delle favole dei bambini, per cui sfregando la lampada esce qualcuno che realizza i tuoi desideri. Per me, per tanti, è stato così. Credo che lo sarà per tante generazioni future, per i prossimi secoli, se resisterà almeno lʼombra di un uomo della Brianza.
Si j’étais un homme et non chargé de famille (Michele, l’écrivain du roman, par décret divin, n’aura pas d’enfants, signalant peut-être par là l’incompatibilité fondamentale entre le sacerdoce artistique et l’éducation d’une progéniture), je demanderais à M. Corti de m’enseigner son art. De me l’enseigner à la façon dont les maîtres artisans transmettaient autrefois leur savoir-faire à leurs apprentis – pour autant que M. Corti accepte de le transmettre à quelqu’un qui n’appartient pas à la même confession que lui, ce dont je doute un peu! – et je tenterais de faire pour la réalité protestante que je connais ce qu’il a fait, avec tant de talent, pour la réalité catholique : dégager la part d’universel qui y réside.