Taggato: I più non ritornano
“Non tentate, con quelle continue osservazioni, di tarparmi le ali”. E’ una lettera molto dura, ma sincera e profonda, quella che Eugenio Corti indirizzò al padre al ritorno della Russia in una licenza estiva prima di tornare al fronte. Un lungo inedito, risalente al luglio del 1943, che vede la luce solo ora, ritrovato tra le preziose carte (bozze e appunti di romanzi carteggi, tracce di conferenze che stanno venendo riordinate a casa Corti in vista della definitiva collocazione presso la Biblioteca Ambrosiana.
Quando Eugenio Corti la sera del 4 febbraio è morto serenamente nella sua bella casa di Besana Brianza, forse avrà rivisto in pochi istanti la sua vita, un lungo nastro lucente dispiegatosi per 93 anni. E si sarà come per magia ritrovato nel freddo spaventoso della steppa russa, durante quella ritirata del 1943 che fu la tomba di decine di migliaia di soldati italiani. E avrà ricordato, il vecchio Eugenio, quel momento inevitabile in cui pensi che sia finita: ti rendi conto che le bombe e i micidiali katiuscia dell’esercito sovietico, oppure il gelo, o la mancanza di cibo, ti faranno morire lì, solo un altro corpo esanime fra i tanti che vedi intorno a te irrigiditi nella morsa del gelo.
La fortuna, o meglio il pezzo di fortuna toccato finora all’opera di Eugenio Corti (classe 1921) dipende soprattutto dalla sua grandezza. Non penso, sinceramente, che l’essere stato osteggiato da una certa cultura laicista dominante, il fatto cioè di non essere piaciuto ai maggiorenti della cultura italiana, sia un elemento importante di questa storia. Non ho mai voluto verificare se questa ostilità ci sia o meno, perché a me queste cose interessano poco. Le innumerevoli ristampe e la diffusione planetaria di opere come Il cavallo rosso o delle terribili pagine de I più non ritornano dimostrano come l’avversione ideologica sia alle volte un bene. La repressione non ha mai ucciso la verità.
Raccolte in volume le lettere spedite dalla Russia ai familiari nel 1942-43 Molte pagine del capolavoro «Il cavallo rosso» hanno origine da qui.
«C’è un eroe dell’Iliade che amo più di tutti gli altri: Ettore. Incarna l’uomo che non si arrende. E non teme la sconfitta perché dà sempre tutto se stesso». Eugenio Corti, che di battaglie se ne intende, non ha nessuna intenzione di risparmiarsi.