Taggato: I più non ritornano
Mi trovavo di fronte ad un grande uomo, ormai avanti con gli anni, semplice e schivo, ma di profonda lucidità storica ed intellettuale e di una morale intensa. Parlammo di molte cose e soprattutto della sua esperienza tragica in Russia (lui sottotenente di artiglieria). Nel parlarne, usava quella forma di ritrosia che spesso si ritrova nei reduci, in coloro che il Calvario lo hanno visto e vissuto davvero.
Da molti critici Il cavallo rosso viene indicato come il grande romanzo cattolico del Novecento. François Livi, docente alla Sorbona ha scritto: “Il Cavallo rosso lancia una sfida alla cultura dominante e, contro ogni aspettativa, la vince… Romanzo della storia e sulla storia, è al tempo stesso un bellissimo romanzo d’amore, un mirabile affresco della vita in provincia (ma non certo un romanzo provinciale). Questo mondo brulicante di personaggi, di drammi, di grandiose scene collettive – si pensi in particolare alla disfatta delle truppe dell’Asse sul fronte russo – è immerso nella complessa luminosità del vero… Una miniera di pagine da antologia…”.
“Ho conosciuto un uomo di pacata, insopprimibile allegria” scrive la biografa di Eugenio Corti. “Non l’allegria dell’ottimismo vociante e senza ragione, ma il sereno e arguto buonumore dell’uomo che ha il gusto della vita. E non perché essa gli sia stata lieve. Nei suoi giorni più dolorosi Corti ha verificato che l’esistenza è sotto il segno del Creatore. Vale a dire che è per il bene”.
«Io ho intenzione di scrivere e di compiere un’opera che serva potentemente alla gloria di Dio sulla terra. Io non avrò merito s’intende; ma quest’idea è venuta prendendo in me salde basi, mi pare che sono stato creato soprattutto per questo».
Eugenio Corti scelse la campagna di Russia di sua volontà per conoscere da vicino il tentativo di un mondo senza Dio del cosiddetto «esperimento comunista». In quella ghiacciata anabasi prese piena consapevolezza della sua vocazione di scrittore.