Renato Farina intervista Eugenio Corti
Renato Farina intervista lo scrittore Eugenio Corti
Renato Farina intervista lo scrittore Eugenio Corti
Nel 1941, Eugenio Corti ha vent’anni. E’ iscritto all’università, Facoltà di giurisprudenza, e questa condizione gli darebbe il diritto di posticipare la chiamata alle armi. Ma “non è giusto – scrive – che mentre tutti giovani della mia età, di quasi tutte le nazioni, sono coinvolti in questa grande guerra, io ne rimanga fuori”.
Si andava a Besana Brianza da Eugenio Corti perché lui sapeva raccontare proprio come sapeva scrivere. Le storie della ritirata di Russia e le cronache da un mondo cattolico smarrito dietro alle sirene del mondo, i quadri luminosi della cristianità medievale e le oscurità abissali del comunismo prima e dopo Stalin, prima e dopo la caduta del muro di Berlino. Era impossibile stancarsi al cospetto di un uomo capace di attraversare il secolo che ha negato Dio armato della sola fede cattolica.
Spesso si parla di letteratura quando la letteratura non c’è. Oppure c’è, ma si fa come se non ci fosse. Si può passare una vita a parlare di Dante o di Leopardi in loro assenza. A interpretarli. A mettere loro in bocca parole che sono soltanto nostre.
Già, «mettere in bocca». Che espressione sconsolata! Un vero scrittore non mette in bocca nessuna parola ai suoi personaggi, perché un vero scrittore sa che i personaggi non sono suoi, e che le loro parole sono le loro, e non le sue.
Ma un grande romanziere, se grande è, non lo si interpreta: lo si legge, e allora lo si capisce, lo si ama, lo si fraintende, e tutto questo capire e non capire entrerà a far parte del suo destino, del destino della sua opera, ne segnerà il percorso, la forma della sua fortuna, che per i grandi scrittori è diversa da persona a persona – così come è sempre uguale (mi spiace contraddire Tolstoj) la fortuna degli scrittori modesti: caso letterario, ottime recensioni, scalata in cima alle classifiche, saggi dedicati, saturazione, noia, dimenticanza.
Il pomeriggio del 19 dicembre 1942 cambiò la vita di Eugenio Corti.
Il ventunenne tenente d’artiglieria, partito per la Russia per comprendere il vero volto del comunismo e di una terra (apparentemente) privata di Dio, iniziava quel giorno la marcia assiderata per sfuggire all’accerchiamento delle forze sovietiche.