“Scolpire le parole” in scena a Rimini
Il 23 agosto al Meeting di Rimini, nello spazio teatrale della Fiera, è stato messo in scena un testo drammaturgico in onore dell’autore del fortunato romanzo Il cavallo rosso. Lo spettacolo, che ha per titolo Scolpire le parole. Eugenio Corti: la milizia del vero, il canto della bellezza, è un progetto teatrale di Paola Scaglione, interpretato da Andrea Soffiantini con interventi musicali di Flavio Pioppelli.
Una sfida alta, avvincente, sul filo dell’azzardo: mettere in scena la vita e l’opera di Eugenio Corti. Se pure fosse possibile distinguere, in questo autore, la letteratura dalla realtà. L’occasione i suoi novant’anni, a cui rendere omaggio in modo inconsueto, scegliendo l’essenziale tra le migliaia di pagine che ha pubblicato per farlo rivivere su un palcoscenico. A chi scrive – biografa e critica appassionata delle opere di Corti – è accaduto di condividere il fascino della sua opera con Andrea Soffiantini, attore testoriano per eccellenza, una sorta di cult per chi ami il teatro di parola. Quello – per intenderci – in cui a dar forma all’azione scenica non sono scenografici effetti speciali o la rappresentazione compiaciuta del nulla che ci affligge da ogni dove, ma è la vita a farsi gesto e parola universale. Dall’incontro con lui è iniziato lo spettacolo. E non solo per i mesi di lavoro comune, in una sintonia sorprendente e inconsueta tra un genio teatrale di indicibile libertà creativa e una teorica della letteratura.
In questa avventura l’attore e la saggista si sono incrociati sul terreno dell’opera di Corti e si sono sorpresi avvinti da quell’incantamento che i lettori dell’autore brianteo conoscono bene: il fascino di una scrittura che, proprio perché nasce dalla vita di un uomo e di un popolo, entra nella vita di chi legge e la costringe a fare i conti con la verità sul cuore di ciascuno e sulla storia. È il miracolo di un incontro reso possibile dalla bellezza.
Così, con quel filo di incoscienza che accompagna ogni impresa artistica, abbiamo iniziato a lavorare a uno spettacolo che nel tempo ha assunto un titolo decisamente cortiano: Scolpire le parole. Eugenio Corti: la milizia del vero, il canto della bellezza, rappresentato al Meeting di Rimini lo scorso 23 agosto.
Il metodo del lavoro è venuto da sé, imposto dalle opere di Corti: con Andrea Soffiantini siamo andati in scena ciascuno con la propria storia, la propria specifica competenza professionale, la propria sensibilità, entrambi condotti all’essenziale dall’umanità piena che costituisce la cifra degli scritti cortiani. Ci siamo lasciati avvolgere e interpellare dalle parole di questo scrittore e abbiamo lasciato che prendessero spazio nella nostra vita.
“Vorrei essere di carta per entrare nel libro”, ha scritto una volta una giovane lettrice all’autore del Cavallo rosso. Noi siamo stati abbracciati dal processo di ritorno del gioco artistico che lega la realtà alla sua rappresentazione, dalla forza di una scrittura che si è rifiutata di restare chiusa in libri pur straordinari, che si è imposta – viva, vera, bella – fino a diventare parola, gesto, musica che chiedono di essere condivisi. Di qui il fiorire di una struttura drammaturgica originale, in cui la biografia dello scrittore si è espressa con assoluta naturalezza nei suoi racconti, nei suoi personaggi, nelle vicende narrate; di qui la decisione di chiedere al pianista Flavio Pioppelli di accompagnare lo spettacolo con musiche dal vivo.
Di qui la sensazione di ritrovarsi ciascuno – attori e pubblico – al proprio posto su quella scena in cui il dramma della vita che urge per essere rappresentata ha sentito di aver trovato una casa. Nient’altro – in fondo – avevamo da offrire se non il nostro essere tramiti di quella bellezza che fa vibrare gli scritti di Corti e l’emozione di essere chiamati a ripetere parole vere, che ci hanno colmati di tensione vitale e creativa.
Intensissima la recitazione di Soffiantini, a tal punto a servizio dei testi da averne talvolta – e non per finzione scenica – la voce incrinata. E in lui – sonorità del dire, gesto, sguardo carico di una promessa di bene senza fine pur nel dramma del vivere – è risuonata con potenza ancor più stupefacente la parola di Corti.
Così la condivisione commossa delle persone che gremivano il teatro ha fatto da contraltare all’emozione dell’attore consumato e a quella della studiosa attenta ai dettagli testuali. Non preoccupazione sull’esito della rappresentazione – come ha precisato Soffiantini dietro le quinte, riflettendo ad alta voce – ma l’emozione di un bene ricevuto in misura tale da travolgere ogni possibilità di ridirlo. E insieme la pace, regalata dalla sovrabbondanza di bellezza delle parole di Corti. Molti, in sala, gli occhi lucidi di una commozione carica di speranza: sì, l’esistenza è proprio come questo autore la descrive: carne e sangue, lacrime e risate, fedeltà eroica e tentazione drammatica, il rombo della guerra e il canto della vita.
Un commento tra i tanti, che al termine della serata uno spettatore ha condiviso con un amico attraverso un sms: “Bello da piangere”. Sì, proprio come la vita quando è vera.
(Paola Scaglione, 10/09/11, La Bussola Quotidiana)