Eugenio Corti, scrittore da premio Nobel

Eugenio Corti

Eugenio Corti

Non sarà facile suscitare l’attenzione dei soloni dell’Accademia di Svezia, quelli che ogni anno assegnano il Nobel per la letteratura. Basta pensare che l’ultimo italiano premiato è stato beffardamente Dario Fo nel 1997. Eppure Il cavallo rosso, opera monumentale tradotta in otto lingue, ha portato Eugenio Corti ben oltre i confini nazionali consacrandolo tra i grandi scrittori della narrativa europea degli ultimi trent’anni. Ecco perché sta riscuotendo migliaia di consensi l’iniziativa partita dalla sua Brianza per candidarlo al Nobel per la letteratura 2011. Una campagna promossa dalla Associazione culturale internazionale Eugenio Corti (Aciec) e da un comitato sorto ad hoc (http://www.nobelcorti.org) che trova il pieno sostegno de La Bussola Quotidiana. L’obiettivo è quello di raccogliere il maggior numero di firme possibili entro il prossimo 31 gennaio aderendo all’appello che si trova sul sito dell’Aciec (http://www.aciec.org/nobel.htm).

Il più importante riconoscimento letterario sarebbe l’apice di una lunga carriera per Corti che oggi sulla soglia dei novant’anni (è nato a Besana in Brianza il 21 gennaio del 1921) continua a lavorare a una nuova edizione de Il fumo nel tempio, un’analisi sul mondo politico cattolico degli ultimi anni. E dire che la strada della scrittura si presentò a lui in maniera imprevedibile. Nel 1940 i suoi studi si interruppero per l’entrata in guerra dell’Italia: arruolatosi nell’esercito, chiese di essere inviato sul fronte russo. Da questa drammatica esperienza sarebbe scaturita nel 1947 una prima gemma, I più non ritornano, toccante diario della ritirata di Russia. E nel corso degli anni altre pregevoli opere come Gli ultimi soldati del re (1951), Processo e morte di Stalin (1962) o i più recenti Catone l’antico (2005) e Il Medioevo e altri racconti (2008). Ma è Il cavallo rosso il libro della consacrazione. Quasi 1300 pagine, messe insieme in undici anni di laboriosa scrittura (dal 1972 al 1983) in cui i protagonisti, un gruppo di giovani brianzoli, si trovano in balia degli eventi di un’epoca difficile, quella compresa tra la Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni Settanta. Un romanzo autobiografico nel quale Corti, da testimone diretto delle disastrose ideologie materialiste del XX secolo, sviluppa una riflessione universale sull’uomo di ogni tempo.

Oggi Il cavallo rosso è arrivato alla venticinquesima edizione italiana ed è stato tradotto perfino in giapponese. Ma ha incontrato non poche difficoltà prima che la casa editrice milanese Ares lo pubblicasse. C’era senz’altro il problema di un libro voluminoso, ma anche il pregiudizio ideologico per un autore che non attirava certo le simpatie della critica marxista e non ha mai nascosto la sua fede cattolica. Sempre poco considerato in patria, per cui in Italia il suo nome resta ancora semisconosciuto, Corti si sta prendendo molte rivincite all’estero. Tanti sono gli estimatori in Francia, tra cui François Livi, italianista della Sorbona di Parigi, che ha paragonato Il cavallo Rosso a Guerra e pace di Tolstoj. Tutti unanimi nel riconoscere che gli scritti di Corti riflettono quei valori di libertà e di rispetto della dignità umana che sono alla base del vivere comune. Tutti concordi nel ritenere che la sua opera non è certo quella di un giullare. Gli accademici di Svezia sono avvertiti.

(Antonio Giuliano, 08/12/2010, La Bussola Quotidiana)