Il Catone di Eugenio Corti non è da censurare
Un grande artista costituisce sempre, almeno un po’, uno scandalo anche per i suoi, per quelli che la pensano o dovrebbero pensarla come lui. Il motivo sta nella sua stessa originalità di artista, che lo rende un po’ diverso da quello che ci si aspetterebbe.
È il caso di Eugenio Corti, senza dubbio il maggior scrittore cattolico vivente. La sua originalità di pensiero, che diventa provocatoria anche senza volerlo, è capace di affascinare e irritare al tempo stesso. Come dimostra il suo ultimo romanzo, Catone l’antico (ed. Ares, pagg. 440, euro 18), dove le provocazioni si sommano.
La prima sta nell’argomento. Perché Catone il Censore? Perché questo personaggio che cercò di riportare Roma a una dimensione che non le apparteneva più? Perché, dice Corti, Catone combattendo Cartagine (per la cui distruzione si batte più di chiunque altro) combatte un modello economicistico della vita sociale, che è a lungo andare il più grande nemico della libertà personale.Solo nella civiltà Occidentale, dice – prima attraverso la Grecia e Roma e poi attraverso il medioevo cristiano e gli stati europei dell’epoca moderna – si sono affermati quegli ideali di bellezza, giustizia, diritto, fede, che contrastano con forza il dominio dell’homo oeconomicus.
Non, dunque, un Catone oscurantista e sconfitto dalla storia, bensì un rude, semplice ma lungimirante figlio di una grande civiltà.C’è, poi, la provocazione stilistico-narrativa, dove Corti – che con Il cavallo rosso ha dimostrato di padroneggiare l’arte del romanzo con una maestria straordinaria – mette in crisi tutte le convenzioni estetiche e gnoseologiche, tutto il patto tacito che lega scrittore e lettore. Spesso interrompe la narrazione per inserire pagine storiografiche, spesso introduce quelli che sembrerebbero errori narrativi (ad esempio nei dialoghi), che sono altrettanti inviti al lettore a ricostruire il tessuto di una conoscenza, di un rapporto col passato che sta andando a brandelli.
In altre parole, è necessario sgombrare il campo da tutto quel consaputo che è, ormai, consaputo solo a parole. Corti usa la finzione letteraria, ma non può fingere di fingere. Cristiano rude, eroe di guerra, Eugenio Corti possiede una nettezza di pensiero che spiace a qualcuno, e che io trovo – anche quando non sono d’accordo – entusiasmante per la sua capacità di spiazzare i lettori e per la voglia di diventare uomini migliori che comunica a chi lo incontra. Teniamoci stretto questo grande anticonformista dei nostri anni.
(Luca Doninelli, Il Giornale, 01/06/2005)