Michael O’Brien visita Eugenio Corti

Michael O'Brien e Eugenio Corti

Michael O'Brien e Eugenio Corti

Besana – Michael O’Brien: «Mi dia un consiglio, da uomo e da scrittore cattolico, da conservare per i prossimi anni». Eugenio Corti: «Penso che siamo qui per condurre una grande battaglia. Per poterne uscire bene, bisogna tenerci attaccati con forza alla mano del Signore». Si è chiuso così, con questo consiglio “da padre a figlio”, l’incontro tra l’autore del romanzo “Il cavallo rosso”, il besanese Eugnio Corti, e il grande scrittore canadese Michael O’Brian. In Italia per presentare il suo ultimo libro, “Theophilos”, il sessantaduenne romanziere canadese che di sé dice “In tutto il mio lavoro cerco di contribuire al ripristino della cultura cristiana”, martedì mattina ha fatto una visita lampo all’89enne scrittore brianzolo che un comitato, a cui anche “il Cittadino” aderisce, vorrebbe candidare a Nobel per la letteratura. Una corsa a Besana in Brianza, nella villa della famiglia Corti, strappata tra un convegno e l’altro per presentare il suo ultimo romanzo nel nostro Paese.

«Mi sono commosso leggendo “Il cavallo rosso” – ha esordito O’Brien, accompagnato da un interprete e da due docenti dell’ Università popolare Don Orione di Genova – perché non è soltanto un racconto dettagliato di un drammatico periodo storico, ma è uno straordinario quadro dell’universalità umana. Non credevo l’avrei mai incontrata: ho tante domande da farle». Ne è nato un botta e risposta sulla vita, sullo scontro tra cattolici e cattolici in atto in America e sui compiti di uno scrittore di fede. «A volte – così Corti – mi chiedo se sia giusto dedicare tanto tempo alla lettura delle centinaia di manoscritti che mi inviano i giovani scrittori. Li leggo ogni sera per due o tre ore, alla ricerca di buoni autori cattolici, ma poi non ho tempo per leggere altro». «Lei è un padre, di fede e di cultura – così la riposta di O’Brien – e credo che questi giovani hanno bisogno della sua parola».

La conversazione si è spostata poi sull’opera più importante di Corti. Criticata da molti, la scelta letteraria di far morire la giovane sposa alla fine de “Il cavallo rosso”, è invece «perfetta e vera» per il romanziere americano. «E’ così – ha spiegato Corti – era necessaria. I personaggi del romanzo attraversano una terribile guerra, piena di orrori. Alcuni di loro muoiono, soprattutto in Russia, e i sopravvissuti riprendono la vita di tutti i giorni. Il romanzo poteva finire così, è vero, ma credo che la morte non sia la fine, perché gli angeli ci portano in cielo, ed è lì, in cielo, la fine di ciascuno di noi. Siamo nell’immanenza ma siamo fatti per la trascendenza. Per questo ho voluto questo epilogo».

(A. Br. – Il Cittadino MB – 15/09/2010)