“Pubblicai per primo Il cavallo rosso”
Cesare Cavalleri, critico letterario, giornalista e direttore delle edizioni Ares è stato tra i primi ad avere tra le mani il manoscritto de “Il cavallo rosso”. E’ stato il solo che ha accettato subito di pubblicarlo.
Come ha conosciuto Eugenio Corti?
“Era il 1974. Entrambi eravamo dirigenti del Comitato contro il referendum per il divorzio in Italia. L’ho conosciuto, dunque, mentre stava combattendo con me una battaglia civile. Allora io già conoscevo l’opera di Corti già pubblicata e lui mi disse che stava lavorando al ‘Cavallo rosso’”.
Che cosa le raccontava dell’opera?
“Sapevo che si trattava di un romanzo che cresceva di giorno in giorno. Quando incontrava un amico gli diceva “Ti ho messo nel mio romanzo”, e tutti, naturalmente, erano molto preoccupati di cosa potesse scrivere sul loro conto. Anche perché effettivamente nell’opera ci sono molti riferimenti a persone realmente vissute”.
Poi cosa avvenne?
“Una volta completato il manoscritto Corti lo presentò a Garzanti e ad altre importanti case editrici, ma nessuno lo volle pubblicare. Credo per due ragioni: da una parte i costi proibitivi di un romanzo di 1277 pagine, dall’altra una certa preclusione ideologica per un romanzo che era certamente controcorrente, soprattutto in quegli anni”.
Così Il cavallo rosso arrivò sul suo tavolo…
“Sì, e con le edizioni Ares fui molto felice di poterlo pubblicare. Per una piccola casa editrice come la nostra i costi fissi sono molto più bassi e siamo riusciti a metterlo sugli scaffali ad un prezzo ragionevole”.
Come fu accolto?
“Ci fu un grande interessamento della critica di parte cattolica, mentre la critica dei grandi quotidiani come Repubblica – per intenderci – non diedero grande spazio. Forse perché “Il cavallo rosso” deve essere letto per essere raccontato e molti critici si limitavano a leggere la quarta di copertina”.
Cosa fece allora conoscere l’opera di Corti?
“Ci fu una bella e lunga intervista su Famiglia Cristiana di Maria Grazia Cucco e poi ci fu un grande passaparola tra i lettori”.
E così siamo giunti alla venticinquesima edizione italiana e a tante traduzioni. Possiamo dire che Corti sia più conosciuto all’estero che in Italia?
“Sì, e questo potrebbe deporre a favore della candidatura al Nobel. In Francia, per esempio, è molto amato e Le Figaro ne ha fatto una presentazione splendida dimostrando una maggior apertura mentale rispetto ad altri giornali italiani”.
A quali traduzioni si sta lavorando?
“Il romanzo è stato tradotto in spagnolo, francese, americano, lituano, romeno e giapponese. Ora sta per essere pubblicata la versione olandese”.
La mancanza di una versione svedese potrà essere d’ostacolo per l’attribuzione del Nobel?
“Credo che con un piccolo sforzo potrebbero leggere la versione in americano. Se l’Accademia Svedese seguisse il criterio del merito per l’attribuzione del Nobel, Corti lo avrebbe. Purtroppo da Dario Fo in poi il Nobel è un riconoscimento un po’ beffardo. In ogni caso penso che la mobilitazione che è in atto sia un grande attestato di stima nei confronti di Corti da parte dei suoi lettori”.
Si parla sempre de “Il cavallo rosso” come del capolavoro di Corti, ma lei quali altre opere consiglierebbe di leggere?
“Oltre alle opere di guerra come ‘I più non ritornano’ e ‘Gli ultimi soldati del Re’ consiglio ‘Catone l’antico’ che per me è il secondo capolavoro di Corti,dopo Il cavallo rosso”.
(Rosella Redaelli, Il Cittadino MB, 01/07/2010)