Addio a Vanda di Marsciano, moglie e musa discreta di Eugenio Corti
Docente di lettere e discendente di una nobile famiglia umbra, aveva conosciuto il futuro scrittore, reduce dalla campagna di Russia, tra i chiostri dell’Università Cattolica. Era il personaggio di Alma nel “Cavallo Rosso”. Lo scrittore diceva di lei: “La sua presenza estetica e spirituale ha influito sulle mie opere”.
Si è spenta all’alba di venerdì 2 febbraio 2024, nella sua casa di Besana in Brianza, Vanda di Marsciano, vedova dello scrittore Eugenio Corti (1921-2014), autore noto in Italia e all’estero soprattutto per la pubblicazione, avvenuta nel maggio 1983, del romanzo storico Il cavallo rosso. Trentacinque edizioni italiane, traduzione in 8 lingue (tra cui il giapponese), un longseller di successo in Italia e all’estero che narra le vicende che hanno sconvolto l’Italia e il mondo tra il 1940 e il 1974. Un’opera paragonabile a “Guerra e pace”, come anche lo definì Maria Grazia Cucco sulle pagine di Famiglia Cristiana in occasione della prima recensione del libro pubblicata più di 40 anni fa.
Per una curiosa coincidenza, la morte della signora Vanda è avvenuta solo due giorni prima del decimo anniversario della scomparsa di suo marito, avvenuta la sera del 4 febbraio 2014. Classe 1927, insegnante di lettere e poi preside della scuola media di Besana in Brianza fino al 1996, Vanda di Marsciano era nata a Perugia, discendente della nobile famiglia degli Conti di Marsciano, originaria dell’Umbria. Trasferitasi con la famiglia ad Agrigento nel 1939, era approdata successivamente a Milano nel 1944.
L’incontro con quello che diventerà suo marito avviene nel capoluogo lombardo, tra i chiostri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nell’estate del 1947, dove la giovane Vanda studiava lettere, mentre Eugenio Corti, reduce dalla tragica esperienza della Seconda guerra mondiale, alla quale aveva partecipato come sottotenente di artiglieria, stava ultimando gli studi in giurisprudenza.
Il loro primo incontro è ad un tempo burrascoso e divertente, narrato con dovizia di particolari dalla biografa dello scrittore, Paola Scaglione, nel libro Parole Scolpite (Ares, 2002). La ragazza stava per sostenere un esame all’università e, nell’attesa di essere chiamata dalla commissione, stava contrattando con un’altra studentessa la vendita di un libro che aveva utilizzato per prepararsi. Eugenio passando la vide e pensò: “Devo assolutamente conoscere questa ragazza” e le si fiondò accanto, improvvisandosi intermediatore per la vendita del libro. Vanda e l’altra studentessa rimasero infastidite dalla presenza del reduce, il quale non fece mistero di avere interesse per la ragazza umbra, al punto da seguirla fino all’interno dell’aula quando venne chiamata a sostenere l’esame. Entrare senza autorizzazione in un’aula durante un esame era cosa vietatissima all’epoca, ma certo non per un reduce di guerra, abituato a ben altre situazioni. La storia del loro fidanzamento si può ripercorrere nella raccolta di lettere che i due giovani si scambiarono in quegli anni, pubblicata nel 2019 dal titolo Voglio il tuo amore. Lettere a Vanda 1947-1951″ (Ares), che testimoniano non solo il desiderio di coronare quanto prima il loro sogno d’amore, ma anche gli inevitabili contrasti tra due caratteri forti e molto diversi tra loro. Si sposeranno ad Assisi, nella chiesetta di San Damiano, il 23 maggio 1951. A celebrare le nozze sarà il beato don Carlo Gnocchi, amico della famiglia Corti. Il matrimonio durerà quasi 63 anni, fino alla morte dello scrittore nel 2014.
Presenza ad un tempo discreta ed energica, Vanda di Marsciano ha costituito per Eugenio Corti un punto di riferimento non solo personale ma anche per il suo lavoro di scrittore. Anni più tardi lo stesso Eugenio avrà modo di riconoscere: “L’influenza di mia moglie è stata straordinaria. Soprattutto per due aspetti. Io tendevo ad essere tumultuoso nel produrre e nel fare, anche se sentivo che questo avrebbe potuto avere conseguenze nefaste. La presenza di mia moglie mi ha dato un senso di misura. Oltretutto su di me ha influito moltissimo una presenza di un’estetica spirituale in lei. Secondo me è giustissimo il proverbio popolare che recita ‘Dio li fa e poi li accoppia’: volevo scrivere libri, ecco ho trovato la moglie giusta, che, solamente con la sua presenza, mi tiene dentro l’indirizzo giusto senza lasciarmi uscire fuori”.
Musa ispiratrice per il marito scrittore, dunque anche se Vanda affettava un’opinione un po’ diversa, arrivando ad affermare che “in realtà Eugenio è gelosissimo del suo lavoro”. Sono infatti più uniche che rare infatti le volte in cui si permise di dare dei suggerimenti espliciti al marito in merito ai suo scritti (e ancora meno, sosteneva, sono le volte in cui lui l’ha ascoltata). La biografa Paola Scaglione, raccogliendo le testimonianze dei coniugi Corti, riporta che la signora Vanda, pur ammirando il lavoro del marito, comunque non ha mai vissuto di luce riflessa: ha sempre potuto vivere i suoi spazi e dedicarsi alla sua professione di insegnante e poi di dirigente scolastica, senza che lo scrittore, com’è giusto che sia, abbia mai obiettato nulla. L’ammirazione di questa donna nei confronti del suo uomo è stata soprattutto per la capacità di introspezione del marito nel leggere gli avvenimenti della storia, cosa che gli veniva dalla sua cultura, dalla saggezza di vita e, non da ultimo, dalla sua profonda fede. Soffriva anche nel sapere i drammi che aveva vissuto durante il conflitto, al punto che non riusciva quasi a leggere il diario di guerra “I più non riornano”, prima opera pubblicata da Corti nel 1947, che narra la tragica ritirata di Russia vissuta in prima persona da Eugenio e molti altri soldati italiani, dalla quale moltissimi non fecero ritorno a casa.
Era inoltre preoccupata che le pubblicazioni procurassero al marito problemi anche seri, per esempio contestazioni violente, come nel 1962, quando al teatro della Cometa di Roma venne rappresentata la tragedia Processo e morte di Stalin. Eugenio Corti, che sul fronte russo aveva visto direttamente il risultato del tentativo del comunismo di realizzare la società perfetta, aveva pubblicato quest’opera nella quale si denunciavano i crimini dello stalinismo. Le aspre critiche della quasi totalità della stampa italiana (all’epoca Stalin veniva esaltato come una sorta di benefattore dell’umanità), misero in allarme la moglie.
Vi sono stati però anche episodi divertenti. Per i lettori del romanzo Il cavallo rosso è noto che la trasposizione letteraria dei coniugi Corti sono i personaggi di Alma Riva e Michele Tintori. La bellissima storia d’amore di questi due giovani raccontata nel libro è ovviamente arricchita da vicende non realmente accadute. Nel romanzo, per esempio, viene narrata la morte di Alma. La signora Vanda raccontò che un giorno si presentò a casa un lettore e quando lei lo accolse aprendo la porta, lui, vedendola viva e vegeta, esclamò: “Ah! Ma allora non è morta!”.
Arrivando da due famiglie numerose (Eugenio aveva 9 fratelli, mentre Vanda aveva 4 sorelle), uno dei crucci del loro matrimonio è stata l’assenza di figli. In un periodo particolarmente difficile del loro rapporto, Vanda, in un momento di tristezza, arrivò a definirsi una persona “che non ha dato frutti”. Il marito gli rispose che non era vero perché i loro figli sono i libri i quali, di fatto, non sono stati scritti solo da Eugenio ma anche da Vanda, perché si reggono su due aspetti: verità e bellezza. Senza Vanda al fianco di Eugenio, l’opera dello scrittore sarebbe stata monca.
Donna sensibile e di grande finezza, Vanda sapeva anche essere tenace ed esigente. Negli anni più recenti si era adoperata con notevole sforzo per non perdere la memoria culturale e letteraria dell’opera del marito, mettendo in piedi un’associazione con lo scopo di curare i manoscritti e la corrispondenza dello scrittore e valorizzando gli studi sulla sua figura. Grazie alla collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono fiorite molte iniziative culturali ed accademiche, oltre a un premio letterario internazionale dedicato allo scrittore.
Negli ultimi tempi l’età avanzata non gli permetteva più di muoversi come un tempo. Dall’estate 2023, di fatto non si muoveva più ed era costretta a letto avendo a tratti anche difficoltà respiratorie. Il giorno prima della morte, 1 febbraio, ha ricevuto l’estrema unzione e ha detto: “E’ ora che il Signore mi chiami ma bisogna avere pazienza”.
“Vanda ha vissuto una vita di fede come moglie e come educatrice, capace di vivere al meglio i doni che Dio le ha dato. E’ anche significativo il fatto che sia morta il 2 febbraio, giorno della Luce: aveva uno sguardo che andava ‘oltre’, nonostante la sofferenza degli ultimi tempi” ha detto don Mauro Malighetti, parroco di Besana in Brianza, durante il funerale celebrato sabato 3 febbraio 2024.
Chi le è stato accanto negli ultimi momenti ha ricordato la serenità con cui ha lasciato questo mondo, lo stesso atteggiamento tenuto nel 2014 alla morte del marito, dopo più di 60 anni passati insieme. Alcuni giorni dopo la scomparsa dello scrittore, uno dei tanti estimatori la chiamò al telefono per farle le condoglianze e, tra le altre cose, le disse: “Signora, la morte di Eugenio è certamente un evento triste, ma possiamo essere contenti perché ora sicuramente abbiamo un santo in più in paradiso”. E Vanda, scherzando ma non troppo, rispose serenamente: “Beh, certo, se è già in paradiso siamo tutti contenti; però sa, io che sono la moglie, conoscendolo, penso che un po’ di purgatorio non gli farà male!”. Chissà che lo scrittore, pieno d’amore per la sua sposa, non le abbia dato ascolto, aspettandola fino ad oggi prima di entrare insieme nella felicità eterna.
(Francesco Righetti, 04/02/24, Famiglia Cristiana)