Il cavallo rosso: un “caso” letterario
Quest’anno ricorrono i 40 anni (1983-2023) dalla prima pubblicazione del romanzo di Eugenio Corti. L’anniversario sarà celebrato con la mostra “Il cavallo rosso di Eugenio Corti: le prove della storia, il lievito della vita” al Meeting di Rimini (20- 25 agosto) e con una nuova edizione del volume in brossura.
«Fine di maggio1940; avanzando lenti uno a fianco dell’altro Ferrante e suo figlio Stefano falciavano il prato. Alle loro spalle il cavallino sauro attendeva attaccato al carro». Così comincia il primo capitolo dello straordinario romanzo di Eugenio Corti: pagine che, con scrittura semplice e cristallina, hanno raccontato la parabola di pace e di guerra del lungo Novecento.
Pubblicato per la prima volta da Ares nel 1983, Il cavallo rosso è diventato ben presto uno dei titoli di punta della casa editrice, che quest’anno, con una nuova edizione in brossura, ne pubblicherà la trentaseiesima edizione. Un romanzo storico che ha il respiro di «Guerra e pace» e l’«inoppugnabilità del miglior Solženicyn» (Cesare Cavalleri); il suo autore, come ha scritto la critica, fu un brianzolo «Balzac» o un «Dickens» (Max Cabantous).
«Ma perché fare paragoni?», scriveva Cavalleri, «siamo di fronte a un’opera originale e unica, che contiene in sé anche i parametri della valutazione estetica» (1). Un’impresa che per Corti si rivelò immane: la gestazione durò undici anni, nei quali ha dovuto mettere ordine nei ricordi, verificarne l’esattezza dei fatti, ricorrere, per rendere certo il racconto degli avvenimenti dei quali non era stato testimone oculare, a una documentazione affidabile. Il risultato sono state 1280 pagine di «perfezione, in cui il background documentario non appesantisce in nulla la scrittura, perché questo è un romanzo di idee ma incarnate in personaggi, avvenimenti; è letteratura autentica, non pretesto per considerazioni ideologiche o comunque saggistiche» (2).
Il cavallo rosso non fu il primo libro di Corti: nel 1947, con l’avallo di Mario Apollonio, aveva pubblicato per Garzanti I più non ritornano (oggi edito da Ares), nel 1951, sempre per Garzanti, I poveri cristi (poi pubblicato da Ares nel 1994 con il titolo Gli ultimi soldati del re), infine nel 1961 c’era stata l’avventura della tragedia Processo e morte di Stalin (attualmente in catalogo Ares), rappresentata per la prima volta a Roma il 3 aprile 1962 presso il teatro della Cometa, dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri.
«Che uno scrittore debutti come romanziere a sessantadue anni, pubblicando un libro di più di mille pagine, che gli è costato undici anni di lavoro solitario, può far riflettere sui rischi di una tale impresa»: così François Livi scrisse nella sua Prefazione all’edizione francese (3), e in effetti l’approdo a un editore non fu semplice: Corti era pressoché uno sconosciuto e i grandi editori, per ragioni diverse, si tirarono indietro. Il primo a cui si rivolse fu proprio Garzanti, il quale rifiutò il romanzo soprattutto a causa della mole, ma fu solo l’inizio perché a questo primo rifiuto ne seguirono altri. Si è parlato anche di una negazione per questioni ideologiche: Corti si professava apertamente cattolico anticomunista e tale era l’impianto del suo romanzo, il che avrebbe causato un’interferenza con quello che era il pensiero corrente.
L’incontro con Cavalleri
Era circa il 1974 quando lo scrittore fece la conoscenza di Cesare Cavalleri, storico direttore dell’Ares, che, fino a quel momento, di Corti non aveva ancora letto niente: «Ho conosciuto prima l’uomo e poi lo scrittore». In quel periodo teneva banco il dibattito sulla legge sul divorzio, e i due militavano dalla stessa parte: «Ci improvvisammo conferenzieri», raccontò in seguito Cavalleri, «andavamo in giro per teatri e per parrocchie a parlare di famiglia, di matrimonio, e quasi subito ci accorgemmo che i nostri ragionamenti erano difficili da far passare». Eppure, Il Cavallo rosso vide la luce ben nove anni dopo e non senza momenti di scoraggiamento da parte dell’autore. In una lettera del 19 giugno 1977 indirizzata a Cavalleri, Corti scriveva:
Vorrei dunque pregarti di dirmi, senza mezzi termini, e senza giri di parole consolatori, se tu “mi vedi” come scrittore, e se ritieni che – come tale – io possa servire a qualcosa. Se ti senti di rispondermi in assoluta sincerità scrivimi, se no ti prego di lasciar perdere. Sempre cordialmente
tuo Eugenio
P.S. […] Bada che non ti dico queste cose per piagnucolare, ma al contrario, perché preferisco mettermi virilmente di fronte alla realtà, per tetra che sia. Se dunque credi dammi – da vero amico – qualche elemento per giudicare, rispondendo (in poche parole beninteso) alla mia domanda iniziale.
La risposta non tardò ad arrivare e, qualche giorno più tardi, il 23 giugno, Cavalleri replicò:
Certo che ti “vedo” come scrittore, ti vedo benissimo, con tutto il cuore e con tutta l’intelligenza. Non potrei esserti amico se non ti stimassi anche professionalmente, e sai che ti sono amico davvero.
Il direttore dell’Ares si era offerto di aiutare il suo amico nella ricerca di un editore disponibile a pubblicarlo: «Il manoscritto del Cavallo rosso non mi decidevo a leggerlo. Avevo paura che mi piacesse troppo e non fossi capace di trovargli un editore», ma poi «quando, finalmente, mi decisi a leggere il manoscritto di Corti, rimasi folgorato. Un capolavoro, un capolavoro, un capolavoro! Gli scrissi una lettera entusiasta, scusandomi per averlo fatto attendere, commosso fino alle lacrime. Il cavallo rosso l’avrei pubblicato io».
Così, in quel maggio del 1983, iniziò l’avventura editoriale del Cavallo rosso e il catalogo Ares si aprì per la prima volta alla narrativa. Quel romanzo su cui nessuno era stato disposto a scommettere, diventa un “caso”: i giornali lo recensiscono con toni entusiastici; i lettori si appassionano, come testimonia il susseguirsi ininterrotto di riedizioni (già dieci negli anni Novanta); Corti viene chiamato un po’ dovunque a presentare il libro; Il cavallo rosso entra tra le classifiche dei libri più amati dai lettori, superando quelli di Sciascia, Morselli e Moravia; iniziarono anche le prime edizioni ridotte scolastiche, a cui seguirono le edizioni straniere, tra cui quella lituana e pure giapponese.
L’eredità del romanzo
Sul valore storico e artistico di questo romanzo tanto si è detto e si dirà ancora: si è parlato di “romanzo corale”, dato che quella narrata è la storia di tanti giovani destinati alla guerra, ma anche di “esperienza personale”, perché Il cavallo rosso è l’autobiografia di un giovane della Brianza che, ventenne, partì volontario per la Russia e per conoscere di persona la “verità” del comunismo. Un “romanzo cristiano” «non perché parli di fede, ma perché riporta comportamenti cristiani» (4), ma anche “storico” proprio per le informazioni storiche e i giudizi sulla storia che contiene. E non ultimo «letterario» in cui gli stili «narrativo, descrittivo, in qualche caso pittorico e anche fotografico o cinematografico, lirico, drammatico, tragico, elegiaco, comico, ironico, autoironico, satirico, sarcastico, epico» (5), si alternano.
«Ma il pregio decisivo del romanzo di Corti sta nel mettere davanti al lettore non caratteri, ma persone con le quali si ha l’impressione di parlare e di ascoltare. È tale il coinvolgimento, che il lettore non dimenticherà mai non soltanto Ambrogio, Michele, ma anche Luca […], e l’ispido Igino, e l’abnegato don Mario, e il tenente Laricev […] e la professoressa Quadri Dodini […], e i personaggi che compaiono col loro nome e cognome: padre Gemelli, Togliatti, Robotti, don Gnocchi, la Jotti… tutti, tutti rimangono nella memoria e nel cuore al termine di un’esperienza non solo di lettura, ma autenticamente esistenziale» (6).
L’avventura e la storia dl Cavallo rosso saranno esposti al Meeting di Rimini dal 20 al 25 nella mostra curata di Elena Rondena, Giuseppe Langella, Giulio Luporini, Paola Scaglione, Renato Mambretti, Franco Camisasca, Alessandro Rivali, Camilla Gaetano, Francesco Righetti e Gianfilippo Filippi.
Note
1- C. Cavalleri, “Il cavallo rosso”: un romanzo scandaloso, in Presenza di Eugenio Corti, Ares, Milano 2010, pp. 9-10.
2- Ibidem
3- F. Livi, Prefazione all’edizione francese, in Presenza di Eugenio Corti, cit., p. 20.
4- C. Cavalleri, ivi, p. 15.
5- E. Corti, in Intervista a Eugenio Corti, in Presenza di Eugenio Corti, cit., p. 91.
6- C. Cavalleri, ivi, p. 18.
(Camilla Gaetano, luglio/agosto 2023, Studi Cattolici)