Il pericolo del XXI secolo? Il politicamente corretto

Eugenio CortiGli intellettuali italiani non hanno ancora fatto i conti con il comunismo. Per decenni la cultura dominante in Italia ha indicato come modello il partigiano invece dell’alpino. Una lettura teologica della storia del Novecento e dei suoi orrori.

Incontro Eugenio Corti nella sua splendida residenza brianzola. Saggezza e calma sono le sensazioni che trasmettono il giardino, l’arredamento, l’atmosfera. II fido Colibrì scodinzola e annusa incuriosito, ma, anch’esso, sereno.

Lei ha sempre detto di non considerarsi assolutamente un profeta, ma la sua esperienza può comunque suggerirle un giudizio sul nostro presente e sul nostro futuro. Come li vede?
Devo dirlo sinceramente? Molto bui. Sembrava di essere approdati a un periodo di pace, anche interiore. Due realtà preoccupanti, invece, si profilano all’orizzonte. Una è all’interno della nostra cultura occidentale, ed è il fatto che il comunismo non è finito; è finito il comunismo leninista, ma sta mano a mano crescendo il comunismo gramsciano che incorpora in sé tutte le spinte che, sulla scia del Rinascimento, nel XX secolo hanno portato al doppio proclama della morte di Dio (quello di Nietzsche che prelude al nazionalsocialismo e quello di Feuerbach che prelude al marxismo). Tutte queste forze di sinistra e di destra confluiscono in ciò che oggi viene definito “politicamente corretto”. C’è uno sbarramento contro chi vive un’autentica esperienza di fede, contro chi ha ancora a cuore la nostra civiltà occidentale (che dalla fede è, malgrado tutto, innervata). Non è un caso, d’altronde, che in Italia la cultura dominante abbia indicato alle giovani generazioni non l’alpino ma il partigiano come esempio di eroismo!

Per altro verso, oggi pare una bestemmia non definirsi illuministi…
Proprio così, continua la tragedia anche se gli attori hanno cambiato la divisa. E questo mentre avanza prepotentemente la seconda realtà pericolosa: l’islamismo. Dopo due tentativi nei secoli scorsi – neutralizzati una volta in Spagna e Francia (arabi), un’altra a Vienna (ottomani) – se ne ripete oggi un altro. Ho una mia spiegazione del motivo per cui sta accadendo ciò: gli interventi dell’orrore nella storia sono provocati dagli errori degli uomini. Si accumulano terribili infrazioni di natura morale, sino a diventare una valanga che non è più frenabile. E noi non siamo certo migliori moralmente degli uomini del passato – anzi, ho quasi l’impressione del contrario -, quindi questo carico di negatività che stiamo ignorando bellamente, prima o poi si farà sentire.

Lei dipinge un quadro davvero nero.
Se la storia dipendesse solo dagli uomini! Ma la trascendenza ne è un fattore altrettanto decisivo. Ho assistito nella mia vita ad almeno tre grandi miracoli operati nella storia dalla Provvidenza. Devo essere per forza schematico. il primo è la liberazione, tra il1941 e il1942, delle decine di migliaia di soldati polacchi sopravvissuti nei lager staliniani come baratto sovietico (in cambio di armamenti) con la Gran Bretagna- tra l’altro come soldato nel 1944 ho risalito l’Italia proprio insieme a un battaglione polacco ed erano tutti convinti, anche gli increduli, che a farli uscire dai lager fosse stata la Madonna di Czestochova. E io ne sono certo. Il secondo grande miracolo- ma purtroppo molti non lo capiscono, sono cosciente di essere provocatorio – è la nascita dello Stato di Israele.

In che senso?
Per duemila anni un popolo ha vissuto sparpagliato per il mondo, mantenendo una marcata identità e pagandola con una scarsa attitudine all’integrazione con gli indigeni dei vari luoghi di residenza. Ma secondo la profezia di san Paolo, gli ebrei prima della fine dei tempi si convertiranno a Cristo, lo riconosceranno come il Messia che essi stessi attendevano. Ebbene: per potersi convertire, un popolo deve anzitutto essere unito, in modo che questo ·passo verso la verità avvenga in tutta la sua portata, coinvolgendo tutti gli appartenenti. Mi capisce?

Il terzo grande intervento divino nella storia del Novecento credo di averlo intuito.
Ci pensi bene, non è stato un fenomeno naturale. Nessuno era più convinto di me che i regimi comunisti fossero marci e senza prospettiva, lo scrivevo già nel1964 in Processo e morte di Stalin, libro che peraltro in Russia (Sad nad Staninim) ha ora un certo successo. I dirigenti comunisti avevano fallito: non erano riusciti a cambiare la coscienza degli esseri umani e la loro impostazione aveva causato un’indicibile miseria. Ma nessuno li obbligava a riconoscerlo! Gettare la spugna come è successo intorno al 1989 non era la conseguenza inevitabile di fatti precisi. Anzi, umanamente ci si sarebbe dovuti attendere una resistenza ancor più tenace, poiché il potere di chi comandava le nazioni del Patto di Varsavia era realmente enorme. Vede, scatenanti non furono né un fattore esterno- che, per inciso, sarebbe potuta essere solo una terza guerra mondiale tra i due fronti – né un fattore interno: non c’era opposizione reale, tanto è vero che non c’erano uomini politici concorrenti pronti a prendere il posto dei potenti destituiti, come si è visto nelle prime tornate elettorali democratiche.

Insomma, nel XXI come già nel XX secolo, c’è da sperare in un intervento di Dio che blocchi la malignità di certi fenomeni.
La fede in Gesù vincerà di certo. Resta da vedere con quali sacrifici di persone e popoli ciò potrà avvenire.

Malgrado tutto il male di cui è stato testimone lei, come scrittore, non ha mai cercato fughe in mondi alternativi, ma ha sempre raccontato la realtà nuda e cruda.
Ho deciso di diventare scrittore quando avevo undici anni (frequentavo quelle che oggi sono le scuole medie) e mi hanno messo in mano le opere di Omero. Sono rimasto folgorato. Mi sono reso conto che tutte le cose di cui parlava, Omero le trasformava in bellezza. Ero talmente incantato che a scuola durante le ore di geografia o matematica tiravo fuori Omero e me lo leggevo sotto al banco. Lì mi sono detto: devo fare come questo antico cantastorie. Sentii che il mio compito era dare al mio prossimo tutta la bellezza di cui fossi stato capace.

Quell’impostazione non l’ha più perduta? La bellezza ha resistito all’orrore?
L’esperienza della ritirata dalla Russia è stata una tragedia, una cosa terribile. Ho visto l’uomo ridotto alla nudità più assoluta. Dalle persone ho visto emergere tutte le cose più atroci e più nobili. Marciavamo con trenta-quaranta gradi sottozero, dovevamo abbandonare i commilitoni morenti per la strada perché non avevamo la forza di prenderli in spalla, non avevamo né armi né benzina, molti dei nostri si suicidavano per la disperazione. Sono rimasto interiormente piagato dall’odio reciproco tra tedeschi e russi, qualcosa di animalesco. Noi italiani – che eravamo militarmente e politicamente ininfluenti – portavamo un briciolo di civiltà in quel frangente. La notte della vigilia di Natale del1942 ho promesso alla Madonna: se avrò salva la vita, voglio impiegarla nella realizzazione del secondo versetto del Pater noster, “Venga il tuo Regno”. Ne sono venuto fuori in modo miracoloso, il mio angelo custode ha compiuto cose davvero sfrontate.

Quindi ha pensato a come contribuire all’avvento del Regno.
Inizialmente m’immaginavo di prendere una strada di tipo missionario (l’hanno fatto due miei fratelli). Ma in quell’ordine di attività, pur impegnandomi al massimo, non sarei stato efficace. Ho riflettuto: del Regno non fa parte solo la carità, ma anche la verità. Mi sono buttato su quest’ultima.

La bellezza e la verità, Omero e la Madonna.
Lo scrittore non è un isolato, ma fa parte di una tradizione. Mi sento figlio della linea che porta da Virgilio a Tolstoj. Da sessant’anni a questa parte, ahimè, sta trionfando un altro filone, quellodella letteratura nichilista: gli autori, soprattutto europei, scrivono opere o già morte o morenti. Prenda Il nome della rosa:è solo un esempio casuale, mi creda; letterariamente non vale niente, è una pura questione di marketing. La prova? Centinaia di migliaia di persone lo possiedono sui propri scaffali, quasi nessuno l’ha letto integralmente. Ma non per pigrizia gnoseologica bensì per inconsistenza antologica.

Un punto di reale speranza per l’uomo e per la letteratura?
La teoria delle due città di Agostino. Mi vengono in mente le lezioni di filosofia al liceo. Allora ero perplesso, mi sembrava una questione astrusa. Poi ho visto cosa era la città terrena dei nazisti e dei comunisti: menzogna e morte. Ho capito che l’uomo non poteva avere solo quella dimensione: ci doveva essere la possibilità di sperimentare anche la città celeste. Il primo dopoguerra me l’ha dimostrato: solidarietà impensabile, spinta alla ricostruzione, fratemità tra i popoli. L’unica alternativa allo scadimento della civiltà e al rimbecillimento antropologico è che gli uomini, soprattutto i giovani, siano educati a dare il meglio di sé, cioè a vivere coscientemente la propria cittadinanza divina. Allora bellezza e verità vinceranno.

(a cura di Alessandro Gamba, 01/01/2004, Vita e Pensiero)