Torna «Il fumo nel tempio», il grido di un fedele
Le edizioni Ares in questi giorni pubblicano un’edizione rinnovata di un libro del grande scrittore brianzolo Eugenio Corti (1921-2014). È la raccolta di un’intensa attività pubblicistica dell’autore che è anche segno della battaglia culturale condotta da Corti accanto alla sua attività di romanziere, culminata soprattutto nella sua grande opera letteraria “Il Cavallo Rosso”.
Il libro che viene ora rieditato ha un titolo, voluto dallo stesso Corti, che rimanda a una celebre espressione di papa Polo VI del 29 giugno 1972, quando appunto affermò di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio». Il libro di Corti, infatti, si intitola Il fumo nel tempio (Ares, pagg. 296, € 20,00)
Non è una mera raccolta di articoli sparsi, ma nelle intenzioni dello scrittore brianzolo c’è sempre stato l’intento di dare una forma organica a questo libro, una sorta di meditazione profonda di una crisi, una specie di atto di amore nei confronti della chiesa e del mondo cattolico che ai suoi occhi apparivano sempre più attraversati da un pensiero spurio e da una pericolosa sbandata verso il mondo.
La prima edizione risale al 1996, la seconda è del 2001, quindi eccoci all’odierna terza edizione che vede la luce dopo che Corti ha revisionato il testo in un periodo lungo che va dal 2005 al 2012. «Il testo che il lettore ha in mano», scrive Cesare Cavalleri nella prefazione, «riproduce lo stato del lavoro al momento in cui Corti, nel 2014, è mancato».
Chi scrive ha conosciuto Eugenio Corti molti anni fa proprio per discutere con lui di questo testo, per la sua sferzante e appassionata analisi, frutto anche di una militanza sul campo (si pensi alle battaglie referendarie condotte dall’autore negli anni Settanta e Ottanta su divorzio e aborto). Ebbene, mai nelle pagine anche aspre di Corti c’è la minima ombra di disperazione. Mai alcun cenno alla diserzione dalla fede cattolica, mai un sentimento di abbandono della Chiesa, né tantomeno una critica sterile o, peggio, ideologica. Una lezione sempre attuale. Certo, queste pagine vanno collocate storicamente, ma rappresentano il documento forte di chi ha vigilato senza mai perdere di vista la carità e il traguardo finale.
Si respira in queste pagine quella stessa robusta fede che anche lo storico direttore delle edizioni Ares ha manifestato recentemente inviando una lettera al quotidiano Avvenire, con cui ha collaborato per decenni, in cui ha comunicato al direttore Marco Tarquinio che i medici gli hanno «graziosamente» detto che gli restano «9 settimane di vita». Per questo, ha scritto Cavalleri, mi «tuffo nella preparazione immediata al grande salto (quella remota è iniziata, con alti e bassi, nell’adolescenza)».
Questa prospettiva è la stessa che ha animato sempre Eugenio Corti ed è la prospettiva della fede autentica. Con questo sguardo devono leggersi le pagine de Il fumo nel tempio. Come scrive lo stesso Cavalleri nella prefazione al libro in uscita, «la persuasione dello scrittore si rende evidente fin dalle prime righe: all’origine dei gravi problemi che si trova ad affrontare la Chiesa c’è l’intrecciarsi di due fenomeni: l’offuscamento della linea verticale che lega l’uomo a Dio e l’abbandono di quella linea orizzontale che definisce la vita cristiana nei suoi esiti sociali, vale a dire la cultura».
Ma questo libro non è, come si diceva, un freddo j’accuse, né un contributo alla babele che confonde le anime, come accade troppo spesso oggi nella cacofonia di certa blogosfera pseudo cattolica. Questo libro, è ancora Cavalleri a scriverlo, «è la risposta di un uomo di fede non rassegnato a prendere semplicemente atto delle difficoltà ecclesiali e sociali, ma deciso invece a impegnarsi fino in fondo nella buona battaglia per dare a Dio il posto che gli compete in seno all’umanità».
(Lorenzo Bertocchi, 05/12/22, Il Timone)