Eugenio Corti: il soldato, l’industriale, lo scrittore
Eugenio Corti è stato uno dei maggiori autori del secondo Novecento. Cattolico e conservatore ha raccontato la “morte delle lucciole” portata dal consumismo e gli orrori della guerra, dall’inferno dei gulag alle atrocità dei nazisti, in un capolavoro, Il Cavallo rosso, una cattedrale romanica della letteratura italiana. Candidato al Nobel, verso cui non nutriva illusioni per la sua visione controcorrente, Corti scompare nel 2014, lasciando una eredità culturale che lo rendono tra le vette più alte della letteratura contemporanea. Una eredità che viene tenuta in vita e rinnovata grazie all’azione instancabile della moglie Vanda e dell’Associazione Eugenio Corti, attraverso articoli, riedizioni e studi di approfondimento e divulgazione dell’opera e della vita dello scrittore brianteo. Vanda Corti è stata la compagna di viaggio dell’autore del Cavallo Rosso, la cui figura è la base e il prototipo di tutti i maggiori personaggi femminili dell’opera, in maniera diffusa tutte le donne di Riva, Manno e Michele Tintori, ne ricalcano la personalità, gli aspetti, alludendola, ritraendola.
Come ha conosciuto Eugenio Corti?
Come ho raccontato in “Lettere a Vanda”, noi ci siamo incontrati in università, io facevo il secondo anno di lettere, mentre Eugenio, che veniva da 5 anni di guerra e vita militare, era un fuoricorso del settimo anno. Era una giornata di esame, io stavo fuori dalla porta e ripassavo, Eugenio invece camminava e parlava con un suo amico, nel corridoio proibito agli studenti di legge. Passeggiava nel corridoio di lettere e si vede che mi aveva adocchiato da lontano. Poi si è avvicinato ed abbiamo fatto conoscenza. Da un appuntamento all’altro abbiamo iniziato a incontrarci.
Come era il carattere di Corti?
Per me era una persona normalissima come tutti gli altri, ciascuno conosce il suo orticello. Aveva certamente un carattere molto forte, ma con me fu sempre comprensivo, tollerante, mai duro. Vivevamo una vita molto normale, anche la sua vocazione di scrittore era vissuta come una qualsiasi altra professione. Con l’unica differenza che a fine mese non prendeva uno stipendio… Riflettevo su questo proprio negli scorsi giorni mentre rivedevo Il fumo nel tempio. Mi capita spesso rileggendo i suoi libri di meravigliarmi. Per aver vissuto tanti anni con un persona con modi di essere così normali, non da grande maestro, non mettendosi mai in cattedra, parlando sempre con chiarezza e modestia, pur essendo un grandissimo scrittore. Aveva orari molto precisi, era molto abitudinario, scriveva per ore mattina e pomeriggio, in un sacro isolamento dedicandosi solo alla scrittura, non volendo mai essere disturbato.
A quale libro di corti è più legata?
Io mi riconosco e sono affezionata molto al Cavallo rosso. Gli altri libri esprimono, trame, idee, visioni, tra loro diverse, mentre Il Cavallo rosso esprime la sua storia, tramite un impianto autobiografico che però rappresenta la sua esperienza in maniera romanzata attribuendola a personaggi diversi. Infatti Eugenio è sia Ambrogio, che Manno, che Tintori. Ed ognuno di loro è sempre lui che cambia e si trasforma in tre personaggi diversi. Come per quanto riguarda i personaggi femminili come Alma, Colomba e Fanny, rappresentano parti diverse del mio carattere, mischiando e fondendo gli attributi di persone reali nei personaggi. Era il soldato, l’industriale e lo scrittore.
Come vedeva corti il Cavallo rosso?
La considerava la sua opera fondamentale e più personale in cui c’era tutto della sua esperienza e della sua persona. Al contrario per esempio dell’isola del paradiso che rappresenta un romanzo di idee sul rapporto tra fede, umanità ed utopia. Ma il percorso e il pensiero di Eugenio si esprime al meglio nel Cavallo rosso
Progetti futuri?
Stiamo valutando entro l’anno di ripubblicare con l’editore Ares Il fumo ne tempio.
(Francesco Subiaco, 07/08/21, Il Giornale OFF)