Cristianizzare il mondo, perché la bomba non scoppi più
Per gentile concessione delle Edizioni Ares pubblichiamo un brano tratto dal romanzo Il cavallo rosso dello scrittore Eugenio Corti (1921-2014) che narra l’angoscia che portò tra i prigionieri di guerra la notizia dello scoppio delle prime bombe atomiche nel 1945. Protagonista della scena è l’ufficiale italiano Michele Tintori, personaggio di fantasia, che si trova prigioniero di guerra in un lager russo a Susdal, cittadina a quasi 200 chilometri ad est di Mosca, che ospitava molti soldati, tra i quali un buon numero di italiani, catturati durante la tragica ritirata dell’inverno 1942-1943. Nel brano viene citato anche il cappellano militare padre Guido Turla (1910-1976).
In estate giunse dalla parte opposta, da est, un convoglio di prigionieri giapponesi, e con essi la notizia di quella straordinaria arma nuova, la bomba atomica, fatta esplodere dagli americani prima a Hiroscima poi a Nagasachi: era stata quella – affermavano i piccoli, tuttora ordinati soldati di levante – la vera causa della resa del Giappone. I giornali russi non avevano dato rilievo all’arma atomica, ma i commissari – subito interrogati in proposito dagli italiani – si videro costretti a riconoscerne l’importanza, che più d’uno di loro scoprì appunto nell’esame che ne dovette fare. La loro mortificazione per il fatto di non possederla era evidente, i commenti dei prigionieri finirono con l’incentrarsi su tale mortificazione, e sulla gran novità (per loro) dell’evidente potenza bellica americana; la cosa in pratica finì lì.
Non però per Michele, il quale ponderando tra sé la sbalorditiva novità, si ritrovava intimamente assai turbato. “Se la scristianizzazione continua, eccolo già trovato il mezzo per le future stragi massali” si diceva. Gli tornava in mente la situazione precristiana, la realtà feroce del tempo pagano, certe pagine del ‘De Bello Gallico’ di Cesare per esempio: “In Gallia i romani hanno eliminato in pochi anni forse due milioni di persone, più della metà degli abitanti del paese… E se non l’avessero fatto loro, l’avrebbero fatto i germani, che erano già quasi pronti. Anche i galli del resto avevano pochi secoli prima tolto di mezzo allo stesso modo i precedenti abitatori…” Né in Oriente, stando alla Bibbia, le cose andavano in modo diverso. “Ecco la realtà cui, continuando così, il mondo sta per tornare. Adesso però è troppo più popolato, occorrono quindi altri mezzi di sterminio: ed eccoli.” Nella sua immaginazione sempre fervida, gli pareva a momenti di vedere le colonne delle esplosioni atomiche percorrere impetuosamente l’uno o l’altro settore del globo “spazzandolo come scope di fuoco”.
Padre Turla, cui egli partecipò le sue preoccupazioni, lo guardava in faccia con occhi esausti. «Lascia che arriviamo a casa noi» borbottava «e vedrai che, in Italia almeno, di scristianizzazione non se ne parla per un pezzo.»
«Sì, è proprio in questo che noi ci dobbiamo impegnare» affermava con stanchezza Michele: «sarà questo il nostro compito.»
Nelle settimane seguenti ebbe modo di constatare come gli uomini – persino i suoi compagni di prigionia, che avevano una così straordinaria esperienza di sofferenze – fossero disposti ad accettare nel loro mondo l’arma atomica. Rappresentava o no quell’arma un freno per i comunisti? Sì, per un certo tempo probabilmente essa avrebbe trattenuto gli eserciti rossi dal rovesciarsi sul mondo libero. Che fosse dunque la benvenuta.
(Tratto da Eugenio Corti, Il cavallo rosso, Edizioni Ares, Milano 2019, Terzo volume, Parte prima, Cap. 14, pagg. 784-785)
(06/08/20, Famiglia Cristiana)