L’esperimento comunista
È da pochi giorni in libreria, edito dalla Ares di Milano, “L’esperimento comunista”, un libro, che oltre alla tragedia “Processo e morte di Stalin” (rappresentata per la prima volta a Roma il 3 aprile 1962 dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri), ripropone una serie di saggi e articoli di Eugenio Corti, autore noto anche per il bellissimo romanzo “Il cavallo rosso”, una delle migliori, più autentiche ed incisive rappresentazioni dell’odissea umana del nostro secolo.
Articoli e saggi risalgono quasi tutti agli anni ’70 e tanto basterebbe per renderli meritevoli di lettura (o rilettura) per l’acutezza, la lucidità e il coraggio di un Autore che seppe non solo cogliere, quando tutti tacevano, il volto mostruoso e diabolico dell’utopia comunista, ma anche analizzarne con spietata lucidità le caratteristiche che ne facevano inevitabilmente il più disastroso flagello della storia.
Gli scritti di Corti furono preziosi allora, facendo conoscere a chi ebbe la fortuna di leggerli una realtà diversa da quella diffusa dai mass-media e dai cosiddetti intellettuali e che era poi (guarda caso!) la realtà vera, così recando conforto a chi, isolato nell’assordante coro dei servi, poteva giungere a temere di essere lui cieco o fuori squadra; tuttavia non solo rievocativo è il valore del libro. Da un lato si tratta, è vero, di non dimenticare quale inaudita mostruosità sia stato il comunismo, quali orribili crimini contro l’umanità siano stati giustificati nel suo nome, ma forse ancora più importante è scoprire i meccanismi che hanno determinato l’incredibile cecità o l’ipocrito servilismo che imposero una rigorosa censura su tutte le notizie che potevano smentire il mito comunista.
Corti ha scelto (ed è stata una scelta facile) di ripubblicare i suoi scritti senza varianti, ma ha aggiunto poche, interessanti paginette, dalle quali si apprende, ad esempio, come Mondadori fosse disposto a sopportare non indifferenti perdite finanziarie pur di non far conoscere o di far conoscere con anni di ritardo le opere di Solgenitzin o come Garzanti, pubblicando in traduzione italiana “Kontinent”, la rivista parigina degli esuli russi, ne censurasse tutti gli scritti per togliervi ogni riferimento alla religione cristiana (quando i redattori se ne accorsero ruppero con Garzanti, ma mal gliene incolse perché non trovarono più un importante editore disposto a pubblicarla).
Da questa fogna di menzogne e di colpevoli silenzi si salvarono in pochissimo e fra questi la voce di Eugenio Corti, che, consapevolmente accettò, pur di non rinnegare la verità, di essere a sua volta messo al bando dal giro della grande editoria e della cultura ufficiale (e relativi onori e prebende), è certamente una delle più alte e limpide. Per certi versi ancora maggior valore (storico-politico oltre che artistico) e significanza della tragedia “Processo e morte di Stalin” (oltre tutto di appassionante lettura), che dimostra che i crimini del dittatore georgiano non furono, come poi si è voluto far credere (e non dimentichiamo che il lavoro di Corti risale al 1960-61), frutto della follia o delle smanie di onnipotenza del dittatore, ma, al contrario, della sua assoluta fedeltà ai principi del dogma marxista-leninista, del suo disperato desiderio di tradurli ad ogni costo nella realtà, realizzando la preconizzata “nuova società degli uomini nuovi”.
Una ragione di più per avere nella propria biblioteca, accanto al “Cavallo rosso” (che, per fortuna a dispetto di molti critici, continua a galoppare con sempre nuove edizioni) questo suo “L’esperimento comunista”.
(Francesco Maria Agnoli, 06/07/91, Risveglio2000)