Questa Lombardia un po’ perduta
Nove edizioni in Italia, traduzione già pubblicata in Spagna e in Lituania, traduzione in corso per le lingue inglese, francese e giapponese. Un carnet che sarebbe invidiabile per qualsiasi romanzo contemporaneo. Appartiene a Il cavallo rosso, dello scrittore brianzolo Eugenio Corti (Edizioni Ares, pp. 1280, L. 38.000). Un romanzo che quando apparve sfidò ogni moda consolidata: lungo più di mille pagine in un panorama dove duecento paiono fin troppe; romanzo di popoli quando si è smarrita la distinzione fra “popolare” e “volgare” romanzo profondamente cristiano in un Orizzonte letterario che non sapeva più andare oltre la materialità.
Corti sarà ricordato come lo scrittore che ha esaltato la Lombardia tradizionale, e in particolare la Brianza familiare, contadina e industriale, profondamente legata alle tradizioni e capace di assimilare il meglio delle novità. La sua storia è storia di una famiglia brianzola attraverso la guerra mondiale e le crisi sociali e morali del dopoguerra; è una storia forte, dl uomini e di donne capaci di amare e di combattere per ciò in cui credono; una storia la cui particolarità è tener conto anche del ruolo di Dio, senza essere mai zuccherosa e clericale.
Il prof. Thomas Fleming , direttore dell’americano «Rockford Institute» (Rockford, Illinois) e del mensile di cultura “Chronicles”, ha analizzato Il cavallo rosso con l’occhio del lettore straniero.
Secondo Oscar Wilde, la vita imita l’arte. Questa affermazione, è più di una battuta di spirito, gli scrittori e i pittorici insegnano a vedere il nostro mondo. Come esempio Wilde ha indicato i quadri di Turner, un pittore che ha mostrato agli inglesi come si dovrebbe guardare il cielo. Qui in Italia non si può fare a meno di vedere con gli occhi di Leonardo, di Michelangelo, del Correggio. Un paesaggio non significa niente finché l’artista l’abbia rivelato. L’Inghilterra è solo un’isola, ma gli scrittori inglesi l’hanno fatta sembrare un continente immenso, pieno di paesi e mondi diversi.
Il mio paese, gli Stati Uniti, ha prodotto pochi scrittori che potevano immortalare una regione. Il Mississippi di Faulkner e la Nuova Inghilterra di Rober Frost formano due eccezioni. L’America, con una popolazione di duecentocinquanta milioni di abitanti, rimane ancora una terra incognita, sulla via di diventare una terra desolata.
L’Italia, a differenza degli Stati Uniti, è il paese dei poeti, antichi e moderni. I poeti latini erano i primi a rendere l’Italia una terra delle meraviglie. In particolare, il poeta mantovano Virgilio, celebrò il bel paesaggio, i boschetti freschi e i pascoli verdeggianti, e dal Trecento gli scrittori italiani hanno dipinto quasi tutta l’Italia nelle poesie e nei romanzi.
La Lombardia, da Lecco a Milano, è per la maggior parte dei lettori il paese di Manzoni. Comunque, anche se Renzo e Lucia non avessero mai vagato per la Brianza, non avrebbe importanza, perché la Brianza adesso possiede il suo scrittore, Eugenio Corti, il cui romanzo Il cavallo rosso, ha elevato questa zona al livello delle altre regioni immortalate dai grandi scrittori.
All’inizio del romanzo, nell’anno millenovecentoquaranta, si vede un mondo intatto sul ciglio della catastrofe. Due contadini, padre e figlio, falciano il prato e caricano un carro trainato da un cavallino, facendo un lavoro antico, determinato dal ciclo eterno delle stagioni.
A un lettore inglese o americano verrebbe in mente inevitabilmente la breve poesia di Thomas Hardy, “In the Time of the Breaking of Nations” (Nel tempo della rottura delle nazioni), che in prosa grosso modo suona cosi: “Solo un uomo che sta erpicando le zolle, con un vecchio cavallo che inciampa e sonnecchia: solo del fumo sparso senza fiamma dai mucchi d’erba gramigna; nondimeno, tutto questo continuerà lo stesso, sebbene decadono le dinastie. Laggiù una fanciulla e Il suo amante passano, sussurrando: gli annali di guerra si annuvoleranno nella notte, prima che la loro storia possa morire”.
Nei primi capitoli del Cavallo rosso si disvela un’immagine della vita tradizionale. La regione è rustica ma non esclusivamente agraria. Ci sono delle fabbriche, grandi e piccole, ma in un certo senso l’industria non è l’estensione dei mestieri antichi. Non si trova la divisione sociale tra lavoratori e i proprietari che, secondo Karl Marx, contrassegna il capitalismo industriale.
Gerardo Riva è un industriale tessile di Nomana – cittadina che adombra quella di Besana Brianza – ma i suoi figli sono in buoni rapporti di intimità con le famiglie degli impiegati. Le relazioni sociali di tale società sono, in una parola, più feudali che commerciali, e il sistema economico dipende dalla cooperazione, non dallo sfruttamento.
Il mondo naturale che Corti descrive riflette l’armonia e la cooperazione delle classi sociali. Certamente fabbriche ce ne sono molte, ma esse si alternano con tratti del paesaggio rustico e coi giardini che serbano qualche cosa dell’ambiente agrario dello Brianza. Tornando a casa in bicicletta, Ambrogio Riva pedalo lungo il giardino della famiglia: “All’incontro delle strade il muro del giardino formava un angolo smussato nel quale era ricavata una nicchia con un affresco della Madonna del Rosario seduta col Bambino in braccio su uno sfondo di montagne (vi si riconoscevano bene le due Grigne e Il Resegone)…”.
Le grandi montagne, il bel giardino, la Madonna col bambino convergono in quest’angolo.… Questo è lo sfondo di una storia di alcuni Italiani giovani, ma anche la storia dell’Europa dopo la prima guerra mondiale.
La parte iniziale de Il cavallo rosso si offre ai lettori come la città in pace sullo scudo d’Achille nell’Iliade; vediamo una visione del paradiso terrestre. Purtroppo, è un paradiso perduto nel corso della guerra.
Ci sono altri paesaggi del romanzo che si possono discutere; molte sono le scene di guerra e di devastazione. Può darsi che il luogo più memorabile del libro, fuori di Nomana, si trovi sul fronte russo.
La sacca in cui si trova il trecentocinquantesimo Corpo d’Armata italiano è un altro angolo, ben diverso dall’incontro di due strade nella Brianza con l’affresco della Madonna. Se la Brianza prima della guerra si presenta come una visione del paradiso terrestre, è sul fronte russo che tutte le forze diaboliche del inondo moderno convergono. Però ancora più terribile dello guerra è l’esperienza dei lager russi – un vero e proprio inferno.
I soldati italiani non ritornano allo stesso mondo da cui sono partiti. Come tutti gli eroi — come Ulisse — scoprono che molto è cambiato. Gli Italiani sul fronte russo hanno visto i comunisti, faccia a faccia, e nei lager russi hanno imparato i fatti del sistema sovietico. Comunque, ritornando a casa, trovano dappertutto dei comunisti che promettono di creare uno stato sovietico in Italia. Un soldato giovane, Tito, ritornato mezzo morto dalla Russia, è visitato in ospedale da un cugino, un ex partigiano. Dopo i saluti, l’ex partigiano dice a Tito: “Peccato che Stalin non sia arrivato fin qui, perché le cose le avrebbe sistemate lui”.
“No, risponde Tito, “quello avrebbe soltanto chiuso in prigione e fatto morire un mare d’operai e di contadini senza sistemare niente”.
La storia politica del dopoguerra è stata il conflitto tra i comunisti, gli anti-comunisti, e gli anti-anticomunisti. Leggendo Il cavallo rosso, un lettore americano comincia a capire la natura e la gravità della lotta politica in Italia. Purtroppo, il successo dell’anti-comunismo e la morte dell’Unione Sovietica non rappresentano la vittoria della civiltà cristiana. Tutt’al contrario.
Si vede adesso, se non prima, come le due ideologie che lottavano per il mondo, si riflettono, l’una nell’altra, come in uno specchio.
Sia in Italia che negli Stati Uniti, sono il consumismo e l’edonismo che hanno vinto. Chiamiamo “democrazia” il sistema politico dell’Occidente, ma noi sappiamo — noi americani, francesi, inglesi e italiani — che tutto il potere dei nostri governi si trova nelle mani — mani non pulite, si deve dire – di pochissimi politici e dei cosiddetti capitani dell’industria e del commercio internazionale. La corruzione politica, si potrebbe sopportarla, se la vita morale e culturale non fosse corrotta. Purtroppo il caso non è così; al contrario, la nostra corruzione morale e culturale è la fonte dei nostri guai.
Il punto focale della lotta contro il comunismo, era morale, culturale e spirituale. Altri scrittori l’hanno saputo. Si possono menzionare James Burnham, Arthur Koestler, Ignazio Silone, Alexander Solzenicyn. Però, eccetto quest’ultimo, gli altri anti-comunisti combattevano, quasi tutti, “contro” quello che hanno detestato. Non avevano un’idea chiara e positiva dl quel che difendevano, e Solzenicyn stesso è sempre vissuto nel mondo devastato dalle moderne ideologie.
Corti, al contrario, comincia la sua storia nel mondo intatto di una comunità sociale e religiosa. I personaggi non sono perfetti ma mancano in loro i vizi della modernità. Non solo i conflitti di classe ma anche lo lotta apocalittica fra genitori e figli. Verso la fine del romanzo fa una ricomparsa l’ex soldato Pierello: a questo punto Pierello ha più di cinquant’anni; il figlio Taddeo, che studiava da prete, è diventato uno studente contestatore; nel corso di una dimostrazione, Taddeo ha bruciato una macchina. Il padre non riesce a capire perché. “Cosa diresti — chiede alla figlia e alla moglie — se qualcuno ci bruciasse la nostra macchina… Oltre tutto è un operaio anche quello là, vero?”. Gli studenti, li chiama ladri, “perché poi chi si trova la macchina bruciata non ce l’ha più e nessuno gliela paga”.
Pierello cerca il figlio, prima alla sede dello rivistina “Brianza Nuova” — un nome di cattivo presagio — e poi nel vicino bar. E impressionante il contrasto tra l’uomo bravo e onesto fuori nella strada e gli intellettuali cinici e degenerati dentro il bar. Pierello non riesce ad entrare nel bar per rimproverare il figlio che ama fin dalla nascita con tutta l’anima. In fin dei conti, pensa lui, “dopo la guerra il benessere di tutti era cresciuto, il popolo, gli operai erano arrivati… ad avere l’appartamento e la macchina e potecvano mandare i loro figli all’università: tutte cose un tempo assolutamente impensabili… La gente avrebbe dovuto essere contenta, avere finalmente il cuore in pace, e invece… Non solo succedeva che i figli si ribellavano ai genitori e alle istituzioni… ma la più parte della gente anziché contenta sembrava rabbiosa”.
Questo episodio avviene tra due viaggi attraverso il paesaggio della Brianza. Nel primo, Ambrigio Riva va a vedere Colomba, la donna che amava sebbene abbia rifiutato di sposarla perché era la fidanzata del cugino morto. Invece ha sposato una donna frivola che egli desiderava senza amarla. All’inizio del romanzo avevamo visto Ambrogio in bicicletta. Adesso, come tutti gli altri, guida la macchina e guida troppo velocemente. Occupato di pensare a Colomba, non si ferma a fare benzina e si arresta in panne. In ritardo, Ambrogio, guida la macchina come un pazzo. “Solo per miracolo non aveva provocato un disastro”, commenta l’autore, non solo sulla velocità della macchina ma anche sulla velocità pazzesca della vita.
La scena dell’incontro è elegiaca, piena del senso di una vita onesta ma non compiuta. Vedendo Colomba, Ambrogio le dice che “questi ultimi vent’anni si sono come annullati”, e nel suo viaggio di ritorno ci sono dei momenti di desolazione. Non si può pensare né al divorzio né all’adulterio “Gli uomini – si dice – non possono vivere alla maniera delle bestie”.
Tutt’altro è il tono dei capitoli finali che descrivono il viaggio di Michele Tintori in Valtellina per partecipare ad una riunione politica. Michele è uno scrittore che si è opposto al divorzio, al comunismo, a tutte le sciocchezze della modernità. E’ un altro viaggio in un libro pieno di viaggi, e ritornando Michele rivede il lago di Como.
“Michele però non aveva più occhi per l’ambiente”, perché non ha ancora recitato le preghiere di quel giorno. Lo scrittore decide di recitare un Angele Dei, chiedendo agli angeli di vegliare sulla moglie Alma. La macchina è in panne, e quando Michele chiama la moglie, Alma decide di venire a prenderlo. Lungo la strada, muore in un incidente. Però né il viaggio né la storia sono finiti , e i due angeli – di Michele e di Alma – la conducono al mondo degli spiriti dove incontra i suoi. “E Michele?” chiede essa “Cosa ne sarà di Michele?”. L’angelo le dice: “Verrà anche il suo momento… questione di poche decine di anni, per chi sta qui lo stesso che niente”.
Questa è la prospettiva finale sul paesaggio di Brianza e sul paradiso terrestre perduto. Non dice Corti, in questo gran romanzo del tempo moderno, che gli eventi della vita umana siano senza importanza. Al contrario. Però, è soltanto quando vediamo la terra e la nostra vita dal punto di vista del cielo, che possiamo capire lo scopo e il significato di tutti i conflitti della vita quotidiana. Come scrisse san Paolo: “Adesso conosco in parte, ma poi conoscerò così come sono conosciuto”.
(Thomas Fleming, 20/02/94, L’Eco di Bergamo)