Eugenio Corti, scultore di parole e maestro di vita
Il genio del grande scrittore brianzolo e le iniziative per ricordarlo e diffonderne l’opera
Eugenio Corti è un grande scrittore brianzolo, autore di romanzi di enorme successo come “Il Cavallo rosso”, vero e proprio caso letterario (amatissimo dai lettori, è giunto alla trentaduesima edizione). Un genio la cui opera “non solo non deve essere dimenticata, ma anzi conosciuta e valorizzata. Perché lo merita davvero. Perché è (il verbo è volutamente al presente, nonostante Corti sia scomparso nel 2014) a tutti gli effetti un maestro di vita ed uno scrittore e letterato da collocare nel Pantheon dei grandi del Novecento, apprezzato in tutto il mondo”. Così l’onorevole Antonio Palmieri ha introdotto la conferenza stampa di martedì pomeriggio alla Camera dei Deputati, intitolata “Cantiere Eugenio Corti. Opere realizzate, nuove iniziative e lavori in corso”.
Un incontro al quale hanno partecipato, oltre a Palmieri, il professor Giuseppe Langella (Direttore del Centro di Ricerca “Letteratura e Cultura dell’Italia unita”), la professoressa Elena Landoni (Università cattolica del Sacro Cuore) e la professoressa Paola Scaglione, biografa dello scrittore brianzolo.
Nel primo intervento dell’incontro la professoressa Landoni ha presentato il volume fresco di stampa in cui sono raccolti gli atti della sessione italiana (ve ne è stata anche una parigina) del convegno dedicato a Corti intitolato “Al cuore della realtà. Eugenio Corti scultore di parole” (Ed. Interlinea 2017, collana “Letteratura e cultura dell’Italia unita”).
Il volume raccoglie interventi essenziali, “densi di dati, fatti e osservazioni pertinenti. Abbiamo suggerito ai relatori di affrontare temi inerenti ad alcune specificità del lavoro di Corti, andando direttamente al cuore dell’argomento”. La professoressa spiega quindi che nel libro sono presenti tra gli altri scritti dedicati alla genesi, nelle opere di Corti, del rapporto tra l’autobiografia e la scrittura, al suo legame con il Medioevo, all’avventura editoriale del “Cavallo Rosso”, alla sua carica religiosa inestricabilmente legata con il realismo (binomio questo tutt’altro che scontato), all’aspetto storico dell’industria in Brianza ai tempi in cui si svolgono le vicende del “Cavallo Rosso”, all’opera prima “I più non ritornano” (1947). Per questa antologia di saggi, redatta – spiega Landoni – con criterio “tomistico” (nel senso che fornisce criteri utili a conoscere e valutare correttamente l’opera di Corti) è stato scelto un titolo – “Scultore di parole” – che rimanda ad un modo di concepire l’arte della scrittura, intesa come “lavorazione di una materia: la realtà”.
Il professor Langella ha quindi illustrato le iniziative del “Cantiere Corti” per far conoscere sempre più e meglio anche a livello accademico l’opera di uno scrittore che, a fronte di un enorme successo tra i lettori, non ha avuto una fortuna “critica” adeguata alla statura e al profilo dei suoi scritti.
Tra quelle già realizzate c’è il citato doppio Convegno, di cui una sessione si è tenuta presso l’Università Cattolica di Milano e l’altra alla Sorbona di Parigi. Tra le nuove iniziative Langella annuncia un incontro intitolato “L’Eredità dei padri. Eugenio Corti maestro per i nostri giorni”, in programma il 14 febbraio presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati. Vi parteciperanno diverse personalità, tra cui Francois Livi (italianista della Sorbona), monsignor Luigi Negri (arcivescovo di Ferrara), Paola Scaglione, Lorenzo Ornaghi (presidente della Biblioteca Ambrosiana, alla quale, per volontà dello stesso Corti è stato donato il suo archivio), Andrea Soffiantini (attore che ha nel suo repertorio uno spettacolo montato su testi cortiani).
Quanto infine ai “lavori in corso”, Langella illustra due progetti: si tratta di concorsi letterari collocati in ambiti rispettivamente locale ed universale. Il primo – portato avanti con la collaborazione della Biblioteca comunale di Monza e con l’editore Paolo Cattaneo – vuole essere radicato sul territorio e si propone di riscoprire i valori della “Brianza di Eugenio Corti, una comunità solidale”. Valori – laboriosità e solidarietà – che vanno nuovamente posti a fondamento della vita comunità anche nazionale. Il secondo è il Premio internazionale Eugenio Corti, promosso in stretta sinergia con l’Associazione Eugenio Corti, fondata e presieduta dalla signora Vanda Di Marsciano, vedova dello scrittore. Si tratterà di un premio annuale articolato in due ampie sezioni (tesi di laurea o dottorato e monografie, saggistica o edizioni critiche), che si propone di sostenere ed incoraggiare studi e nuovi volumi in grado di dare ampio respiro ad una nuova fase della critica cortiana.
Ultima ad intervenire, la professoressa Paola Scaglione, biografa di Eugenio Corti, ne ha suggestivamente tratteggiato la figura, indicando alcuni dei punti salienti del suo lavoro e della sua personalità. Come la sua “scrittura così vera da intrecciarsi nella sua vita e in quella di chi legge”, la sua disponibilità ad incontrare chi lo andava a trovare per testimoniargli che le sue opere avevano cambiato molte vite (“prova questa – dice Scaglione – che la verità e la bellezza delle opere di Corti sono senz’altro rivolte al bene”), il suo raccontare solo cose di cui ha avuto personale esperienza o comunque provate da persone presenti ai fatti (nel suo archivio vi sono, a tal proposito, moltissime lettere di testimoni diretti a cui lo scrittore ha chiesto di raccontare i loro ricordi).
Scaglione ha poi ricordato due passaggi del lavoro di Corti. Uno è la morte del capitano degli Alpini Grandi durante la ritirata di Russia (pagina che lo scrittore amava leggere nel corso degli incontri e presentazioni del “Cavallo Rosso”, in cui è contenuta), brano drammatico ma bellissimo, che “racconta un’esperienza viva e piena con l’evidenza semplice della verità”. L’altro è quello in cui il protagonista del romanzo (che è lo stesso Corti), nel momento più duro della ritirata, quando pensa di non farcela, parla alla Madonna come gli ha sempre insegnato la madre. E le promette che se si fosse salvato avrebbe speso la sua vita al servizio della verità.
Scrittura come missione dunque, ma anche come desiderio culturale, come ricerca della verità, come impegno civile al quale non ci si può sottrarre. Scrittura che trova radice nella realtà dell’operosa e caritatevole Brianza e che trasmette un modo di essere, di vivere e di credere. Un’epica del quotidiano lasciata in eredità ai giovani d’oggi che ancora incontrano Corti nelle sue opere e che – conclude Scaglione – trovano in esse una base per ricostruire.
(Cristina Di Giorgi, 29/01/17, Il Giornale d’Italia)