Il “meraviglioso cristiano” in Eugenio Corti

Eugenio Corti

Eugenio Corti

A due anni dalla scomparsa dello scrittore Eugenio Corti, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Université Paris-Sorbonne hanno hanno organizzato un convegno «per far conoscere la sua grande eredità di cui il mondo accademico ha bisogno». Elena Landoni, docente di lingua italiana dell’Università Cattolica di Milano, interverrà insieme ad altri relatori, nella seconda sessione di lavori (la prima si è svolta nell’ateneo parigino il 29 e 30 gennaio scorsi) che avrà luogo il 7 giugno prossimo dalle 9.00 nella cripta dell’aula magna dell’università di Largo Gemelli a Milano.

Perché oggi il mondo accademico dovrebbe conoscere Eugenio Corti?
L’idea del convegno è nata per iniziativa dell’Università Sorbona di Parigi, quindi il mondo accademico già conosce da tempo Corti. Le dirò di più: proprio in ambito francese è uscita qualche anno fa un’antologia della letteratura italiana dal titolo L’Italie littéraire de Dante à Eugenio Corti, con un accostamento ardito ma che mette efficacemente in luce la dimensione che potremmo definire “canonica” dello scrittore lombardo. Corti sta insomma entrando nel canone della letteratura italiana. D’altra parte, un successo di vendita clamoroso come quello ottenuto dal Cavallo Rosso in un clima ideologico decisamente ostile, con 32 edizioni più l’e-book e traduzioni in 8 lingue diverse, ne fa un caso che la cultura non può facilmente ignorare.

Come mai gli studiosi francesi si sono interessati tanto a questo autore?
Forse la domanda è da ribaltare: perché gli studiosi italiani non si sono subito interessati massicciamente a questo autore? Negli anni Ottanta, quando è uscito il Cavallo rosso, il clima culturale italiano era fortemente ideologizzato. Corti ha fatto irruzione nell’ambiente intellettuale con un romanzo di 1200 pagine pubblicato da una piccola casa editrice con pochi mezzi, contrapponendo a un vociferare omologante e omologato la sua voce non allineata e l’evidenza documentata dei suoi scritti; a una galoppante laicizzazione la sua visione della realtà fondata su una fede popolare e tradizionale. Credo che proprio queste due categorie fossero a quel tempo fuori sintonia: realtà e fede.

A cosa si deve il successo mondiale dei suoi romanzi, nonostante il disinteresse della critica ufficiale?
Al passaparola tra i lettori, che evidentemente, quando si trovano di fronte al vero, sono meno suggestionabili e manovrabili. Si tratta di un successo davvero eccezionale decretato direttamente dal pubblico. E così, il coraggio della piccola casa editrice è stato premiato.

Come far proseguire oggi la sua eredità?
Primariamente facendo conoscere i suoi scritti. Non solo quelli più noti. Penso soprattutto ai suoi commenti alla storia contemporanea, che negli anni Settanta lo hanno visto denunciare la tragica situazione in Unione Sovietica, Cina, Cambogia, Vietnam, a cui il giornalismo italiano, con pochissime eccezioni, guardava invece come a modelli da additare. Quegli scritti sono poi stati pubblicati dalla Ares e a rileggerli adesso mostrano tutta la lungimiranza, l’onestà intellettuale, l’indipendenza ideologica di questo scrittore fuori da ogni circuito ufficiale. Inutile, ovviamente, parlare della difficoltà incontrata allora dall’autore per la loro pubblicazione…

Al convegno del 7 giugno si parlerà del “meraviglioso cristiano nello stile di Eugenio Corti”. Di cosa si tratta? E perché questo tema?
Il meraviglioso cristiano è una tematica letteraria tradizionale che ha cominciato a essere trascurata dalla fine dell’Ottocento in poi e che è stata ripresa solo negli ultimi decenni. Consiste sostanzialmente in un fenomeno straordinario che viene considerato come realmente accaduto e attribuito a una forza superiore. Persino gli autori cristiani hanno trattato con cautela crescente questo argomento. Anzi, a volte, come nel caso di Fogazzaro di cui parlerò al Convegno, hanno persino ideato personaggi che manifestano la loro difficoltà a credere nei miracolo. A Corti invece il mistero è familiare. È una realtà incontrabile, quotidiana, al punto che il suo stesso linguaggio narrativo ne è intriso a livello sintattico o lessicale, come spero di riuscire a dimostrare. In questo senso, la presenza del meraviglioso cristiano nei suoi romanzi non è opera di fantasia, ma resta nell’ambito del realismo, come del resto l’autore stesso non si è mai stancato di affermare.

(a cura di Benedetta Frigerio, 30/05/2016, Tempi)