Categoria: Il cavallo rosso
Quando, nell’agosto del 1983, scrissi per la prima volta del Cavallo rosso, conclusi con una sorta di sfida: «Mi guardo intorno, mi sforzo di ricordare: non vedo nessun altro autore italiano, in questo secolo, in grado di scrivere un romanzo di questa intensità, capace di compiere simili prodigi».
Più di trent’anni dopo (e leggo molto, purtroppo) non mi sono ricreduto.
Quella stanza non è una stanza. Quella stanza è una navicella spaziale, una capsula che penetra nella trachea piena di tagliole della Storia. La stanza, nella villa padronale di famiglia, sboccia sulla monotonia brianzola...
La cultura italiana ogni tanto riserva di queste sorprese: sforna un libro che fa presa sul popolo ed è letto in tutto il mondo, ma viene snobbato dalla critica e dalla cultura ufficiale. E’ successo alla Divina Commedia, cui per secoli i letterati preferirono Il canzoniere del Petrarca mentre la gente del popolo la studiava a memoria; è successo a Pinocchio, a Le tigri di Mompracem, a Don Camillo, a II Gattopardo. Ed ora sta succedendo a Il Cavallo rosso. Ma le cose grandi a lungo non si possono tener nascoste e il meraviglioso romanzo non è sfuggito a un uomo di cultura come Michele Fazioli che l’ha presentato la primavera scorsa insieme all’autore Eugenio Corti nella sua bella rubrica «Controluce» della TSI, per cui gli siamo profondamente riconoscenti.
La visione del mondo non assume mai l’andatura di una lezione o quasi. Emerge dai fatti “quasi senza volerlo”. Pagine dolenti. Pagine gaie. Pagine aggrovigliate e invocanti ed esprimenti un’ammirazione arresa e attonita. Mai senza fatica. “Concatenamenti” chiama la riflessioni di Corti, un suo amico. Ma nello scorrere fluviale e gorgogliante del racconto non v’è traccia di sistematicità artificiosa: il Romanziere si dice come è e come si sente nell’intimo. Un vigore e una freschezza rari nella letteratura contemporanea. E il susseguirsi degli avvenimenti e degli stati d’animo prende fino alla commozione. Con scrittura che sa essere, a volta a volta, cruda, solenne, flebile, gioiosa, ribelle. Mai astiosa. Mai sarcastica.
Il cavallo rosso è certamente anche il romanzo del trionfo cristiano del bene sul male, ma non qui in terra come ne I promessi sposi, bensì nella luce eterna di Dio, che non conosce tramonto.. Tale sembra lo schema di questo romanzo che può dirsi anche la lettura cristiana in filigrana della storia della Chiesa italiana del post-concilio in un settore paradigmatico e privilegiato com’è la Brianza, la Vandea d’Italia. Romanzo unico nel suo genere.