Categoria: Interviste a Eugenio Corti

Eugenio Corti in Russia

Un lunga intervista a Eugenio Corti

Dovevo combattere la battaglia per la Fede perché mi sembrava e mi sembra fondamentale per la sopravvivenza della civiltà. Sapevo che essa sarebbe stata nociva alla diffusione del libro, ma non per questo ho fatto marcia indietro. Per me era essenziale che tutta la realtà entrasse nel romanzo senza filtri. Ogni tanto mi viene in mente Tolstoj che ha introdotto in Guerra e pace (che io giudico il libro più bello mai scritto!) tanti suoi punti di vista che interrompono il filo del romanzo. Io mi limito a molto meno. A Tolstoj vennero contestate queste intromissioni ed egli provò a toglierle dal romanzo, riducendolo di due o trecento pagine. In seguito però quelle parti egli le dovette reintegrare, perché era evidente che il testo rimaneva snaturato. Secondo me ha fatto benissimo a reintrodurle, anche se a volte oggi molti si stufano un po’ nella lettura. Ma si tratta di veri e propri baluardi per il vivere civile: essi stessi materia propria dell’opera in quanto tali.

Il cavallo rosso

Un’intervista rilasciata nel 1993 in Lituania

Il prosatore, drammaturgo e pubblicista italiano Eugenio Corti, la prima parte (“Sul fronte orientale”) della cui trilogia “Il cavallo rosso” è stata pubblicata recentemente dalla casa editrice “Mintis”, ha fatto visita al traduttore del suo libro Algimantas Vaisnoras. Con l’aiuto del traduttore, lo scrittore e la moglie signora Vanda hanno gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande.

Il cavallo rosso

Alcune domande a Eugenio Corti, a proposito de “Il cavallo rosso”

Dai lettori mi attendo che fra quanti sotto sotto non condividono le concezioni della cultura illuministica oggi dominante, anzi stra dominante (in particolare fra i cristia­ni), ce ne siano che accolgono con gioia la mia nuova ope­ra, nella quale le loro concezioni più autentiche sono pre­sentate non già in modo subalterno, ma al contrario poste alte sul monte. Spero inoltre che qualcuno cominci a in­travedere finalmente la possibilità d’uscire dalla lisa pro­vincialità in cui la cultura illuministica d’importazione (or­mai fallimentare dovunque — pensi a ciò che ne dice Te­stori) costringe l’Italia.