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Eugenio Corti e i genitori

“Vi bacio. Inviatemi guanti e cioccolato”

Leggendo lo straordinario documento storico e umano rappresentato dalle lettere scritte da Eugenio Corti dalla Russia, quel che più stupisce è il tono assolutamente lieve, tremendamente tranquillo, diremmo quasi incosciente, con cui il futuro scrittore descrive il viaggio, gli incontri, la vita al campo militare. Prima di restare imprigionato nella famigerata sacca sul fronte russo, infatti, tenendo fede alla sua promessa di dare sempre e notizie a casa, scriverà una lettera al giorno, per informare, rassicurare, soprattutto, per non recidere quel filo che lo lega a una famiglia numerosa, amatissima. Ma l’effetto, per noi quasi straniante, è quello di sentire la voce di un buon ragazzo, figlio della sua “amatissima mamma”, del suo “carissimo papà”, cui racconta la sua vita di tutti i giorni senza avere all’inizio la piena consapevolezza del pericolo verso cui sta avviandosi, o meglio, del pericolo verso il quale la Storia lo sta portando.

Il Medioevo di Eugenio Corti

Gli anni pacificati e operosi della piena maturità rivelano in lui una consapevolezza vocazionale consolidata nel tempo: «Fin dall’infanzia ho sentito di essere chiamato a scrivere. Per ricostruire in modo obiettivo la realtà — scrivere è questo — bisogna prima capire il mondo. Per questo fino a vent’anni non ho scritto niente: mi rendevo conto di essere impreparato».

Il matrimonio di Eugenio e Vanda

Il matrimonio secondo Eugenio Corti

“Ma io vi dico: se uno guarda con desiderio una donna ha già commesso peccato con lei”. 

“Io vi dico”, altro che il chiacchiericcio dei teologi del momento, i quali “purché ci sia l’amore” giustificavano qualsiasi cosa». Una verità elementare, di cui Ambrogio Riva riscopre l’innegabile umanità in un momento di tentazione, mentre tutto – in lui e intorno a lui (persino nella Chiesa) – sembra dire il contrario. 

Eugenio Corti in Russia

Un lunga intervista a Eugenio Corti

Dovevo combattere la battaglia per la Fede perché mi sembrava e mi sembra fondamentale per la sopravvivenza della civiltà. Sapevo che essa sarebbe stata nociva alla diffusione del libro, ma non per questo ho fatto marcia indietro. Per me era essenziale che tutta la realtà entrasse nel romanzo senza filtri. Ogni tanto mi viene in mente Tolstoj che ha introdotto in Guerra e pace (che io giudico il libro più bello mai scritto!) tanti suoi punti di vista che interrompono il filo del romanzo. Io mi limito a molto meno. A Tolstoj vennero contestate queste intromissioni ed egli provò a toglierle dal romanzo, riducendolo di due o trecento pagine. In seguito però quelle parti egli le dovette reintegrare, perché era evidente che il testo rimaneva snaturato. Secondo me ha fatto benissimo a reintrodurle, anche se a volte oggi molti si stufano un po’ nella lettura. Ma si tratta di veri e propri baluardi per il vivere civile: essi stessi materia propria dell’opera in quanto tali.

Eugenio Corti

La profezia di Eugenio Corti: “Ritornerò”

Tutto iniziò nel solaio di un’antica filanda. Potrebbe iniziare così la storia editoriale delle lettere di Eugenio Corti dalla Russia, che svelano una pagina sconosciuta della sua vita (l’avanzata in terra straniera, secondo i ritmi di una guerra “strana”, apparentemente facile), e il cantiere più remoto di alcuni suoi capolavori (annotò con scrupolo ogni esperienza). Immergersi in questo materiale inedito è stata un’avventura splendida, ma soprattutto inaspettata.