Un genio dimenticato esce dall’ombra

Novant’anni e non sentirli. Nel senso di avvertirli appena, sotto una patina di silenzio ignaro. Eppure Eugenio Corti li ha compiuti all’inizio del 2011, e l’anno della ricorrenza di uno dei più grandi scrittori italiani viventi è passato nella sostanziale indifferenza delle istituzioni culturali, così come è stato accompagnato da una serie capillare e continua di iniziative gonfie di partecipazione, di cui per ora il Meeting di Rimini ha segnato il punto più alto.

Su queste colonne è già stato annunciato lo spettacolo che la XXXII edizione ha dedicato all’autore de II cavallo rosso: tra i padiglioni della Fiera che si chiude oggi è andata in scena una lettura musicata dedicata allo scrittore. Due grandi attori e autori, che hanno sovrapposto i loro compiti inchinandosi al genio popolare dello scrittore brianzolo: Andrea Soffiantini e Paola Scaglione hanno offerto martedì sera al pubblico di Rimini quasi due ore di citazioni, dialoghi e musiche di Flavio Pioppelli ispirate a Claudio Chieffo, storica voce e chitarra del movimento di Comunione e Liberazione. Una pièce intitolata “Scolpire le parole. Eugenio Corti: la milizia del vero, il canto della bellezza”, che da mesi gira i teatri più o meno grandi del Nord Italia e non solo, ma che qui ha ricevuto probabilmente la più alta affluenza, oltre a un allestimento pensato per gli spazi della Fiera e per il pubblico del Meeting.

Dalla Brianza al mondo: lo scrittore E. Corti

L’occasione offerta dal fatto che le parole e le opere di Eugenio Corti giungano oggi all’attenzione delle Istituzioni e in particolare della Camera dei Deputati ha il significato di un incontro tra Paese Reale e Paese Legale: in altri termini, avviene qui e ora il contatto tra un’opera d’arte “nazionale” e il suo destinatario politico “nazionale”.

Sì perché le milleduecento pagine del romanzo maggiore di Corti, Il Cavallo Rosso e almeno le due prove narrative che lo precedono e lo seguono (il diario di guerra I più non ritornano e Gli ultimi soldati del re), esprimono ancora oggi la vox populi di un’Italia che è uscita dalle dure prove del Dopoguerra, della Ricostruzione, del Miracolo Economico e degli Anni di Piombo. In un certo senso, a parlare, nei romanzi di Corti, è un’altra Italia cioè quella che di fronte ai drammi e alle sfide del secondo Novecento ha proposto un modo di vivere “civile”, mite e operoso, a volte inconsapevole e generoso: un modo di vivere che ha soretto la società e le istituzioni sino alle soglie degli anni Ottanta.

La mostra su Corti approda alla Camera

La Fondazione Costruiamo il Futuro comunica che la mostra “Dalla Brianza al Mondo: lo scrittore Eugenio Corti”, realizzata anche grazie alla collaborazione dell’Associazione Culturale Internazionale «Eugenio Corti», sarà ospitata dalla Camera dei Deputati dal 5 al 14 ottobre 2011.

Mercoledì 5 ottobre 2011 alle ore 10.30 la mostra sarà inaugurata da un Convegno presso il complesso di Vicolo Valdina.

Interverranno:
Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati e presidente della Fondazione Costruiamo il Futuro
Renato Farina, membro della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera e Presidente del Comitato d’Onore della mostra
Eugenio Mazzarella, membro della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione)
Andrea Sciffo, curatore della mostra
Franco Branciaroli, Teatro de Gli Incamminati

È necessario segnalare anticipatamente la propria partecipazione al Convegno contattando Carlotta Borghesi della Fondazione Costruiamo il Futuro
Via Garibaldi, 50 – 23891 – BARZANÒ (LC)
Tel.: 039.59.69.259 – Fax: 039.59.69.950 – Cell.: 328.09.10.980
E-mail: carlotta@costruiamoilfuturo.it

“Scolpire le parole” in scena a Rimini

Il 23 agosto al Meeting di Rimini, nello spazio teatrale della Fiera, è stato messo in scena un testo drammaturgico in onore dell’autore del fortunato romanzo Il cavallo rosso. Lo spettacolo, che ha per titolo Scolpire le parole. Eugenio Corti: la milizia del vero, il canto della bellezza, è un progetto teatrale di Paola Scaglione, interpretato da Andrea Soffiantini con interventi musicali di Flavio Pioppelli.

Lo Stalin di Corti, finalmente

Mosca, primo marzo 1953. Due guardie vegliano davanti all’ufficio di Iosif Vissarionovic Džugašvili, per tutti, Stalin. Hanno un copricapo di feltro con una gigantesca stella rossa, è troppo calcato sugli occhi e forse li acceca. Il senso della loro missione li aiuta a non avere indugi: «È un grande compito il nostro: vigilare da vicino la vita del grande compagno Stalin […]. Tremendo compito, che non ci concede di allentare la tensione nervosa nemmeno per un minuto».

Vegliano su Stalin perché a sua volta lui vegli e sani «i mali del mondo». Non sanno però che il loro Stalin è un uomo spezzato, inerte come il suo braccio sinistro, rattrappito per il morso di un cane rabbioso in gioventù. D’improvviso il coro invade la platea, cantando «io non dubito né dubiterò»: è un fiume di ragazzi in corsa sul palco con bandiere rosse. Una statua di bronzo del dittatore oscilla sulle spalle di ragazze con gonna lunga e camicia bianca: sarà un evocativo totem per l’intero spettacolo, come una sfinge o una divinità ferita alla Mitoraj.

Poi il sipario si apre su di Lui, il Tiranno, il grande Epuratore.

Le luci tingono il palco di un’aura malata e sanguigna: la scena è spoglia, presidiata soltanto dal protagonista al tavolo di lavoro. Ci sono un telefono e un libro. Basta un telefono per uccidere, e un libro con l’effigie di Lenin, perché il verdetto sia consono alla Dottrina e legittimi tutto quel sangue…

Sono queste le prime scene del Processo e morte di Stalin, la tragedia (ripubblicata dalle Edizioni Ares lo scorso inverno) scritta da Eugenio Corti nel 1961 e tornata sul palco dopo un esilio di decenni. Il dramma fu infatti presentato per la prima volta nell’aprile del 1962 dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri presso il romano Teatro della Cometa (per chi volesse tuffarsi nel clima di quegli anni e della prima rappresentazione, è possibile rileggerne la dolente cronistoria nel terzo volume del Cavallo rosso).