Eugenio Corti, amava i classici e credeva nel disegno della Provvidenza
Nell’antologia dei diari tenuti da Eugenio Corti, lo scrittore scomparso nel 2014, si parla di letteratura, della ritirata dalla Russia e anche del ruolo della Provvidenza nella sua vita.
La recente pubblicazione di “Il ricordo diventa poesia” (edito dai tipi di Ares, pp.176) è l’occasione per riscoprire lo scrittore brianzolo Eugenio Corti, scomparso solamente tre anni fa e che, in questa antologia dei suoi diari, si racconta a tutto tondo, a partire ovviamente dalla letteratura e alla dura esperienza sul fronte russo in guerra, fino ad arrivare al suo rapporto con la fede e con quella Provvidenza che, parole sue, sembra aver tracciato il destino di una intera esistenza e al suo amore per Omero: in questo primo volume, al quale farà seguito un altro in cui vengono svelate le sue lettere alla moglie Vanda Corti (che ne è stata anche la curatrice), l’autore del celebre “Il Cavallo Rosso” (che fu proposto anche tra i candidati al Premio Nobel per la Letteratura nel 2010) emerge tutto quello che lo stesso Corti definiva “il disordine del mio temperamento artistico” e che sembra indissolubilmente legato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale e di quella quasi mitologica ritirata dalla Russia dell’esercito italiano a cui lo scrittore si dedicò raccontandola in forma diaristica.
L’intervista alla moglie dello scrittore
In un intervento pubblicato sul sito di informazione culturale Pangea News che è una sorta di intervista alla consorte ed è anche l’occasione per presentare in anteprima alcuni estratti de “Il ricordo diventa poesia”, infatti, più volte viene citato quel continuo stato di guerra (non solamente fisica, ma anche metaforica e culturale) che Eugenio Corti combattè nel corso della sua vita: basti pensare alle difficoltà nel pubblicare “I più non ritornano”, un libro appunto in forma diaristica che voleva raccontare della ritirata dall’Est dei soldati italiani, v’è racchiusa tutta la poetica “inattuale e antimoderna” dello scrittore. E Vanda Corti spiega quale è stato il criterio che ha portato alla compilazione di questa raccolta antologica: “I diari di Eugenio sono raccolti in due serie di 17 quaderni, tutti scritti tra il 1940 e il 1949” spiega la compagna di una vita, ricordando che nel libro pubblicato da Ares compare solamente un decimo del lavoro totale. “Ho pensato a un lavoro da divulgare nelle scuole e che raccontasse la sua storia” spiega la moglie che svela pure come sia ancora inedita la maggior parte degli stessi diari e anche una serie di appunti risalenti alla sua giovinezza in collegio, “di difficilissima lettura”.
L’amore per i classici e le lettere d’amore
Nell’intervista concessa a Pangea News, la vedova di Eugenio Corti spiega anche come nella raccolta però vi siano solo le sue testimonianze sulla Russia, mentre manchino completamente i cosiddetti diari di guerra: “A mio giudizio sembravano eccessive in questo lavoro antologico” ammette la diretta interessata, precisando che però il suddetto materiale potrebbe diventare oggetto di una futura pubblicazione a sé stante. Ad ogni modo, secondo Vanda Corti tra le pagine di “Il ricordo si fa poesia” si assiste alla maturazione di Eugenio come scrittore, a partire dalle sue considerazioni sulla vita prima ancora che sulla letteratura, campo nel quale l’autore originario di Besana in Brianza non ha mai fatto mistero di preferire Omero, Virgilio e Dante ai contemporanei: “Noi la letteratura moderna l’abbiamo coltivata poco, lui tornava spesso ai ‘fondamentali’, ma tra i contemporanei amava volto Giovanni Pascoli, Ignazio Silone e Primo Levi” svela la Corti che aggiunge pure come i diari siano una specie di anteprima de “Il Cavallo Rosso”, una delle opere più note del marito. Infine, la conclusione dell’intervista è dedicata proprio alla nota “Al lettore”, scritta dalla stessa curatrice e nella quale si accenna a una lettera scrittale da Eugenio: “Conservo le sue lettere, soprattutto ai tempi del nostro fidanzamento: la nostra storia è stata un po’ una battaglia, dato che lui era vitale ed espansivo, mentre io venivo da una famiglia molto più chiusa”.
(Raffaele Graziano Flore, 21/12/17, Il Sussidiario)