Eugenio Corti: sul Fronte orientale non è ancora stato detto tutto
A titolo di curiosità proponiamo un articolo pubblicato in Lituania nel 1993 poco prima della pubblicazione della prima parte de Il cavallo rosso.
E’ giunto in visita in Lituania per alcuni giorni lo scrittore milanese Eugenio Corti con la moglie, la studiosa di letteratura Vanda Corti. Tra non molto uscirà in libreria la traduzione lituana (casa editrice “Mintis”, traduzione a cura di A.Vaisnoras) della prima parte della trilogia di Corti “Il cavallo rosso (Sul fronte orientale)”. Vengono preparate per la pubblicazione anche le altre parti del libro.
Lo scrittore è stato ospite della redazione di “Lietuvos rytas”.
Eugenio Corti è in Lituania per la prima volta. Ebbe occasione di avere informazioni dettagliate sulla Lituania nel 1940, in circostanze abbastanza interessanti. Studente di giurisprudenza all’Università di Milano, conobbe la studentessa di psicologia Agota Sidlauskaite, che con passaporto diplomatico era fuggita dalla Lituania occupata dai sovietici. A. Sidlauskaite più tardi emigrò in Canada, divenne professoressa dell’Università di Ottawa e uno dei più noti specialisti di psicologia dell’America settentrionale. E proprio da questa ragazza E. Corti venne informato per la prima volta del destino del nostro Paese.
Durante la seconda guerra mondiale E. Corti ottenne il grado di ufficiate d’artiglieria e nel 1941 venne arruolato nell’esercito. Fu inviato sul fronte orientale, partecipò a combattimenti contro l’esercito sovietico. Nel 1943 i soldati italiani vennero accerchiati dai russi. Non avevano carri armati, avevano esaurito le munizioni, combattevano quasi a mani nude. L’armata di Guderian era sbaragliata. I russi si avventavano come cavallette in 8-10 su un singolo soldato del nostro esercito, – raccontò E. Corti. Tuttavia gli italiani riuscirono ad uscire dall’accerchiamento, tutti avevano una gran paura di essere fatti prigionieri, in quanto si sapeva che i russi fucilavano i prigionieri di guerra sul posto.
Eugenio Corti analizza le ragioni della sconfitta degli stati dell’asse. Le cause principali furono la disparità di forze e il cattivo vettovagliamento. A ciò si aggiunse il rigido inverno del 1943, quando i soldati Italiani e tedeschi, vestiti inadeguatamente morivano per il freddo. La Wehrmacht non si era preparata ad una lunga guerra nelle immense distese della Russia.
Ci furono anche altre cause. Un grande errore del regime di Mussolini fu l’invasione dei Balcani. Le atrocità della Wehrmacht ed in particolare delle SS nei territori occupati, gli orrori dei campi di concentramento sollevarono una forte ondata di opposizione. Erano spaventati dal terrore di Hitler più di quello di Stalin. Se non ci fossero state queste cose, perfino Roosvelt non avrebbe fatto nulla, – ritiene E. Corti.
Quale è il rapporto dello scrittore con l’ideologia del fascismo? Corti dice di non essere mai stato fascista, il patto con i nazisti tedeschi ha fatto all’Italia soltanto danno. Lui stesso era ed è membro della democrazia cristiana, cattolico praticante, mentre i nazisti tedeschi sono pagani. La gran parte degli italiani che combattevano dalla parte della Wehrmacht rabbrividivano per le crudeltà del nazisti. Tuttavia questa questione non è così semplice. “Noi combattevamo non contro il popolo russo, ma contro il comunismo”, – sottolineò E. Corti. Nella trilogia “II cavallo rosso” egli parla di due Russie: quella bolscevica e quella delle persone semplici, nei cui cuori non si erano spenti la compassione e l’amore cristiano nei confronti del prossimo. Ciò si vedeva in particolar modo nelle donne, russe e ucraine (Corti combattè nelle steppe del Don), – esse aiutavano gli italiani, davano loro da mangiare.
Dopo la guerra E. Corti, stando a quanto dice, partecipò alla ricostruzione economica dell’Italia. Il Paese aveva subito ferite profonde, la gente era disorientata. Gli inglesi e gli americani si comportarono con crudeltà. Vennero bombardati perfino i teatri di Milano, i comunisti portavano avanti la loro propaganda, incitavano i lavoratori a scioperare. Ma in Italia allora giunse al governo la democrazia cristiana, che condusse il Paese fuori dalla crisi.
E. Corti pubblicò nel 1947 il suo primo libro “Non ritorneranno più”, nel 1951 Il romanzo “I miserabili”, nel 1962 il dramma “Processo e morte di Stalin”, che venne portato sulle scene teatrali a Roma dalla compagnia di Diego Fabbri. Il dramma uscì in russo e in polacco clandestinamente, tradotto da dissidenti. Ha pubblicato in tutto nove libri. Ha scritto articoli, tra i quali due sulla persecuzione religiosa in Lituania, dove è dedicato molto spazio al destino dell’arcivescovo di Vilnius J. Steponavicius.
Ha lavorato undici anni alla sua opera più grande, “Il cavallo rosso”, in cui ha cercato di fornire un quadro generale delle esperienze della sua generazione e del suo Paese. Il critico letterario italiano M. Polonio [Apollonio, ndT] ha definito la trilogia simbiosi di quattro generi – il romanzo, il poema, il dramma, la cronaca storica. “Il cavallo rosso” è stato tradotto in diverse lingue, figura nelle antologie scolastiche italiane. Ora la televisione italiana insieme a compagnie televisive di altri paesi sta preparando un film televisivo in più puntate.
Durante il suo soggiorno in Lituania E. Corti ha raccolto materiali sul movimento partigiano della Lituania. Nel secondo tomo del romanzo sono descritte le battaglie in Dzukija ed a Koenigsberg, Corti ha intenzione di inserire nella trilogia un nuovo testo sulle vicende di un ufficiale italiano che combatte In Lituania e sulla conoscenza del medesimo con la gente della Lituania.
E. Corti è ora uno scrittore di professione. Tali persone in Italia non sono molte. Lavorando per molti anni nell’industria, potè farsi un gruzzolo e dedicarsi più tardi alla sola letteratura. A ciò si aggiunga che la moglie lavora. In Italia possono vivere con i proventi della sola letteratura soltanto scrittori come A. Moravia. Gli Italiani leggono poco, tutto è soffocato dalla televisione ora. Quale è il genere di arte più popolare in Italia? Agli italiani piace particolarmente….passeggiare, – dice ridendo E. Corti.
Il tema della seconda guerra mondiale interessa ancora il pubblico italiano, per questo sul tale periodo si scrivono libri, si fanno film. A dire il vero, in tutti gli ambiti di vita del Paese ora si sente la crisi. I segnali della stasi si manifestano anche nell’arte. Certamente, ciò non aiuta la gente ad avvicinarsi all’arte.
Quale è nei suoi romanzi il rapporto tra fatto storico ed esperienza e riflessione personale? E. Corti dice di essere stato testimone di tutte le crudeltà della guerra, del caos del dopoguerra, e di voler raccontare di ciò in maniera veritiera. Tuttavia anche un’opera che si basa su materiale storico deve essere conforme allo spirito di oggi. In un’opera d’arte devono essere presenti necessariamente due cose: la verità e la bellezza.
(Neringa Jonusaite, 17/08/93, Lietuvos rytas)