Presentazione all’edizione americana
Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono apparsi più di cento libri sull’esperienza dell’esercito italiano in Russia, e in particolare sulla terribile ritirata dell’inverno 1942-43. I più non ritornano è l’unico di tutti questi che è tuttora regolarmente ristampato in Italia.
Eugenio Corti, che a quel tempo era un sottotenente di ventun anni, si trovò, assieme a 30.000 Italiani e ad un piccolo contingente di truppe tedesche, circondato nel bacino del Don da forze nemiche preponderanti per numero. Per spezzare l’accerchiamento, questi uomini intrapresero una marcia disperata nella neve, con continui combattimenti, ad una temperatura che si aggirava tra i -20 e -30 gradi Fahreneit. Mentre le truppe tedesche ricevevano con lanci aerei gli approvvigionamenti, le condizioni degli Italiani erano ben più difficili: in mancanza di gasolio, furono costretti ad abbandonare i veicoli e a procedere senza armamenti pesanti, equipaggiamenti, munizioni o provviste. Anche i feriti furono abbandonati, pur sapendo bene che i soldati dell’Armata Rossa “furenti per la brutalità dell’invasione tedesca” uccidevano ogni nemico ferito che cadesse nelle loro mani. Dopo ventotto giorni di accerchiamento, solamente 4.000 dei 30.000 Italiani uscirono dalla sacca.
Perché il libro di Corti, che fu pubblicato per la prima volta nel 1947, continua ad essere ristampato in Italia, dopo cinquant’anni? Perché, come disse Mario Apollonio dell’Università di Milano, quando il libro apparve per la prima volta: “E’ una cronaca.. ma è molto più di questo: dietro alla realtà fisica, c’è la verità” sull’uomo nella sua ora più tragica. Apollonio aggiunge: “la potenza di questa notazione immediata capovolge in dramma il documento”; il risultato è un “romanzo-poema-dramma-cronaca”. Il filosofo Benedetto Croce trovò nel libro di Corti “il non infrequente lampeggiare della bontà e nobiltà umana”. I più non ritornano è un classico della letteratura di guerra che ha pieno successo nel portarci in casa la piena odiosità della guerra.
Eugenio Corti cominciò a scrivere questo diario all’ospedale militare immediatamente dopo il rimpatrio dal fronte russo. Quando nel settembre 1943 l’Italia si trovò tagliata in due dall’armistizio, Corti, fedele al suo giuramento da ufficiale, si riunì a quanto rimaneva dell’esercito in Sud Italia e con queste poche truppe partecipò alla cacciata dei Tedeschi dal suolo italiano, combattendo al fianco dell’Ottava armata inglese e della Quinta armata americana.
(Few Returned, University of Missouri Press, 1997)